Gli ospedali e la solitudine degli anziani

di Marco Pasqua
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Lunedì 15 Gennaio 2018, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 10:23
Gli anziani soli in ospedale mi strappano il cuore...
@Silviaanc

Li vedi sui lettini o le sedie sistemate nelle sale d’aspetto o nei corridoi degli ospedali, lo sguardo spaesato, di chi non sa cosa deve aspettarsi. Sono i più pazienti ma anche i più rassegnati. Come quel signore sugli 80 anni che si affaccia timoroso alla sala visite. Era caduto mentre saliva le scale di casa e quando la dottoressa ha iniziato a chiedergli cosa fosse successo, lui ha iniziato a piangere. Era spaventato ma, soprattutto, non aveva nessuno al suo fianco. La dottoressa, con quell’umanità ed empatia che sono merce rara (e non vengono mai calcolate in busta paga, anche se sono doti imprescindibili), ha cercato di consolarlo e poi, per rassicurarlo, lo ha mandato a fare una lastra.

E mentre veniva accompagnato da un portantino, è passato accanto ad altri anziani, come lui, sui letti, soli. Aspettano una risposta dai medici, un ricovero, anche solo una carezza, che potrebbe non arrivare mai. Molti non sanno se sperare di essere dimessi, perché questo significherebbe tornare in case vuote, con quei muri silenziosi e letti matrimoniali tremendamente grandi.

E’ nei corridoi e nelle stanze degli ospedali, per i quali Dante avrebbe dovuto creare un giro apposito – quello delle anime sole e ferite – che si trascina un esercito di uomini e donne che, ogni giorno, sfogliano, come fosse l’ultimo, il loro album della vita. Persone che lottano per corpi malandati, che non controllano più, dopo aver detto perso gli affetti più cari. I loro lamenti sono muti, ma basta incrociare il loro sguardo per sentirli.

marco.pasqua@ilmessaggero.it
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