Quanta voglia di far festa dietro quei mostri

di Raffaella Troili
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Mercoledì 1 Novembre 2017, 00:49
C’è chi non si stanca di ricordare che è una festa che non ci appartiene. Loro, nel frattempo, si divertono.
Simone Colonna

La verità è che potrebbe chiamarsi festa del cocco, sagra del cavolfiore, notte degli spiriti malelingue e dei mostri andati a male. Invece è Halloween, i bambini non sanno nulla né delle usanze celtiche né di quelle americane ma le città sono invase di zucche e le vetrine di oggetti che dovrebbero far paura, coltelli di plastica insanguinati, dentiere, maschere horror, cappelli, mantelli, parruccone, cicatrici da tatuare in viso e mani mozze da portare a spasso: l’importante è scherzare, camuffarsi, inventarsi una festa, suonare alla porta del vicino e chiedere un dolce, strappare un sorriso.

Un anticipo di carnevale, a tema spaventoso, il pretesto per vestirsi proprio come un mostro. Ogni anno, la festa di Halloween oltre a essere un business evidenzia una semplice verità: quanta voglia ci sia di spezzare la routine, dedicarsi a un costume, farsi paura in compagnia, giocare a farsi brutti, che più brutti non si può. Nulla ha da temere la Chiesa (almeno da Halloween) che proprio in questi giorni contrappone con disappunto le sacre e tradizionali feste cristiane dei Santi, le Holyween, a un’innocua carnevalata di zombie, vampiri e streghe.

Se le parrocchie si svuotano non è colpa di un rito pagano che viene da lontano e solo un giorno all’anno.
Forse è meglio non emularlo. «La comunità non si costruisce sull’efficienza della macchina organizzativa - l’ha capito bene il nuovo vicario di Roma, Angelo De Donatis - non si appiattisce su logiche mondane di vario tipo. Non dobbiamo parlare dei giovani ma con i giovani, quasi la metà dice di non credere a nessuna religione o filosofia». Figurarsi a una zucca.
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