I campioni di sci. Sulle strade della Capitale

di Mario Ajello
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Domenica 12 Febbraio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:07
“Ma lo slalom tra le buche
di Roma è specialità olimpica?”.

@AliceReali92

Bisognerebbe proporre ai vertici mondiali dello sport di portare quaggiù la coppa del mondo di sci. Le montagne, che qui chiamiamo colli, ci sono e sono sette. La funivia dovremmo avercela, almeno secondo le promesse elettorali della sindaca. La neve si crea. Ma soprattutto, ormai, i campioni di sci non hanno più cognomi altoatesini ma quiriti. Siamo tutti diventati slalomisti perfetti. Alberto Tomba era di Bologna, adesso tra una buca e l’altra, tra una cunetta e quella successiva, in mezzo ai paletti e alle porte da SuperG o da scodinzolo sull’asfalto (anzi su quel che resta della superficie stradale), siamo tutti Tomba. C’è chi preferisce lo slalom tra le voragini, con il motorino o con l’auto o anche a piedi, e chi predilige la discesa libera. Ovvero finire a tutta velocità, dritto dritto, dentro la buca per poi gridare da lì sotto, dopo aver sbattuto il grugno: «Sono arrivato uno!». Segue la dedica della vittoria a mammà: «Grazie alla mia famiglia per i sacrifici fatti, per farmi diventare un campione di sci». Ma il merito, nel caso degli atleti romani, non è delle genitrici ma del Comune (quello attuale e quelli precedenti). È vero che Roma, a causa delle sue buche, è diventata una barzelletta globale. Ma è anche vero - i latini prevedendo la vocazione alpina dell’Urbe dicevano: ex malo bonum - che quelle che paiono traversie sono invece opportunità e hanno prodotto una generazione di sciatori stradali che neanche al tempo della celebre Valanga Azzurra con Thoeni e Pierino Gros. Siamo pronti ad ospitare il Circo Bianco tra Parioli e Torpignattara. Ma sbrigatevi a venire a Roma, sennò rischiate di trovare soltanto le buche senza più la pista intorno. 
mario.ajello@ilmessaggero.it
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