A Roma uno screenshot è per sempre

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Sabato 11 Febbraio 2017, 00:05
Perché se non fai lo screenshot 
del televoto di Sanremo 
e non lo pubblichi su Facebook 
allora vuol dire che non sei nessuno

Pierlu

l nuovo incubo a Roma si chiama screenshot. Per chi non ama smartphone, tablet e inglese, si tratta della possibilità di fotografare ciò che viene scritto sullo schermo. Si può conservare lo scatto, inviarlo a chi non dovrebbe leggere o semplicemente rinfacciare all’autore qualche frase sfortunata che vorrebbe rinnegare.

In altri termini: una ventina di anni fa, potevi disconoscere con un po’ di faccia tosta ciò che dicevi al telefono al coniuge, al partner, all’amico, al collega o all’alleato politico, per il principio del verba volant. Potevi negare, ripetere all’interlocutore che stava ricordando male e tutto finiva lì. Da quando ci siamo abituati a scrivere, scrivere, scrivere - prima gli sms, poi nelle varie chat come Messenger, WhatsApp o Telegram - ci sarà sempre qualcuno a ricordarci una frase avventata, un insulto digitato quando non eravamo lucidi, una promessa che non abbiamo mai mantenuto.

E se all’inizio gli screenshot erano una cosa da ragazzini, ormai hanno acquisito, soprattutto a Roma, dignità politica, visto che le copiose tracce delle chattate tra chi amministra la cosa pubblica sono diventate pubbliche. E poi c’è la facilità con cui si possono registrare telefonate e conversazioni con uno smartphone da 100 euro che ognuno di noi porta in tasca. Anche in questo caso a Roma ormai abbiamo imparato che la tecnica del «negare, negare sempre, negare anche l’evidenza», un tempo difficilmente attaccabile, oggi non funziona più.

mauro.evangelisti@ilmessaggero.it
twitter: @mauroev
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