Se si parla come canta la nuova musica italiana

di Mario Ajello
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Domenica 30 Aprile 2017, 00:30
La verità è che non vuoi 
cambiare, che non 
sai rinunciare a quelle quattro, 
cinque cose a cui non credi
@AngeloSarda


Questa è una citazione da Brunori Sas. E quante se ne sentono ormai di parole così, tratte anche inconsapevolmente dai testi dei nuovi cantautori italiani, nelle chiacchiere dei ragazzi seduti al tavolo a fianco. In una qualsiasi serata al Pigneto, o a San Lorenzo, o a Monti. Il modo di esprimersi, ma anche i contenuti, del linguaggio dei giovani ricalca sempre di più – ma non si sa chi imita chi – quello del canzoniere di artisti come Brunori Sas, Dente, Maldestro, Motta, Calcutta, Alì, I Cani, Iosonouncane, Le luci della centrale elettrica, Lo Stato Sociale. Questi ultimi dicono, ma lo dice pure la ragazza del tavolo accanto confidandosi con un’amica, che insomma basta con gli «esperimenti del frequentiamoci ma senza impegno / stiamo insieme ma non vediamoci». E nel disagio da liquidità di rapporti amorosi «poi non si dorme più» e «si sta svegli finché non muore la speranza».
Si parla come si canta ora che la nuova musica italiana, un po’ indie, alternativa ma neanche tanto, anzi ormai deliziosamente mainstream, sta diventando egemone, e la musica straniera – il grande orizzonte di libertà delle generazioni precedenti – quasi suona come sfigata e banalmente commerciale o già sentita. Il disincanto di una generazione che sogna ma non trova il bandolo della matassa parla con le voci dei suoi idoli. E ha ragione Brunori quando dice: «Te ne sei accorto, sì / che parti per scalare le montagne / e poi ti fermi al primo ristorante / e non ci pensi più». Un manifesto di come ci si sente oggi, tra quelli che hanno quell’età, e sembra srotolarsi in tante conversazioni normali da serate normali.
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