Elezioni, quanto e cosa rischiano tutti i leader dopo il voto del 4 marzo

Elezioni, quanto e cosa rischiano tutti i leader dopo il voto del 4 marzo
di Marco Conti
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Lunedì 19 Febbraio 2018, 13:34 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 19:30

Tutti i leader che si fronteggiano in questo ultimo scorcio di campagna elettorale sono attesi al varco dentro il loro partito. 

Nel Pd le soglie che potrebbe aprire le ostilità interne sono il 25% che il Pd ottenne nel 2013 con la segreteria Bersani, e il risultato della coalizione. I Dem devono portare a casa un risultato che renda primi i gruppi parlamentari del Pd, altrimenti si aprirà la caccia a Renzi.

Restando sempre a sinistra, problemi li avrà Massimo D’Alema se Liberi e Uguali non resterà sopra il 6%. Anche se formalmente il leader è Pietro Grasso, un risultato negativo archivierebbe del tutto la stagione del leader formando un gruppo autonomo e contrapposto a quello prima di Speranza e poi di Rosato.

Nel centrodestra la resa dei conti non sarà da meno. Forza Italia ha di nuovo in campo Silvio Berlusconi. Le percentuali non sono più quelle del 2001, anche se un recupero c’è stato, ma il Cavaliere deve staccare di molto la Lega per potersi imporre sull’alleato che dopo il 4 marzo troverà sponde anche in FdI sulla linea del ‘mai accordi con la sinistra’. Al guado lo attende anche un pezzo di FI guidato da Giovanni Toti che, non è un mistero, punta a realizzare con il Carroccio un unico partito del centrodestra. Se FI finirà con il raccogliere percentuali simili alla Lega il tema tornerà di forte attualità e un eventuale risultato positivo in Lombardia del candidato leghista, sarà argomento non da poco per sostenere la necessità di un unico raggruppamento.

Nella Lega gli oppositori alla linea di Salvini sono in sonno. Bossi da tempo è in silenzio, ma Roberto Maroni si è lasciato le mani libere pronto a pesare il successo del Carroccio nel Mezzogiorno e a confrontarlo con i numeri che la Lega ha sempre avuto nel settentrione. Se togliere la parola ‘Nord’ alla Lega non avrà portato i frutti sperati, i leghisti della prima ora alzeranno nuovamente la testa.

Nel M5S si aspetta di vedere cosa ha portato al Movimento la leadership di Luigi Di Maio. Se i pentastellati non saranno il primo partito, l’opposizione interna guidata da Fico punterà ad archiviare Di Maio anche come leader interno. Se non altro perché, se il risultato sarà inferiore alle attese, vorrà dire che Di Maio non è stato in grado di gestire nè la vicenda dei falsi rimborsi né dei massoni in lista.

Nel risiko del dopo voto, le tensioni interne influenzeranno non poco le scelte che dovranno farei partiti e potrebbero complicare non poco il lavoro del Quirinale.
 

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