Dpcm, l'Iss: «Interventi necessari per abbassare la curva dei contagi. Possibili zone rosse anche in Regioni non "rosse"»

Dpcm, l'Iss: «Interventi necessari per abbassare la curva dei contagi. Percorso condiviso con Regioni»
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Giovedì 5 Novembre 2020, 16:38 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 17:13

Covid. L'Istituto superiore di Sanità illustra gli indicatori che hanno portato all'ordinanza di ieri del ministro Roberto Speranza relativa alle Regioni.«Oggi siamo in una fase di transizione in cui ci sono delle ricrescite e bisogna intervenire per riportare la curva in una fase piu controllata», ha detto il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa al ministero della Salute.

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«L'aggiornamento dei nuovi dati avverrà nelle prossime ore. il percorso è condiviso e vede attori le regioni, il cts, il ministero», ha sottolineato Brusaferro secondo cui ci sono «obiettivi diversificati in funzione della fase». «Siamo in una fase di transizione e rimodulazione in cui ci sono delle ricrescite su cui bisogna intervenire per controllare la diffusione, riportandola a valori più labili o a velocità più controllata in modo tale da poter affrontare i prossimi mesi», sostiene il presidente dell'Iss.

«Dati da leggere nella loro interezza»

«Si lavora su indicatori come incidenza, Rt, occupazione posti letto: se c'è un regione con apparentemente pochi casi e ha alta occupazione terapie intensive, quella è una regione in sofferenza . Sono dati che vanno letti nella loro interezza. Dati che fanno riferimento a incidenza, Rt e resilienza», ha spiegato invece il direttore Prevenzione del dicastero della Salute Gianni Rezza. Rezza ha sottolineato ad esempio che «se la Lombardia è in rosso questo accade perché c'è un'alta incidenza, c'è sofferenza sui servizi sanitari e un alto Rt.

In Calabria c'è un'incidenza inferiore ma un Rt molto alto, ma allora come mai» è rossa? «Questo accade perché l'Rt è un indicatore molto precoce: anticipa un aumento di incidenza. Se in più si segnala una sofferenza del sistema sanitario, con un'occupazione di più del 50% dei posti letto e dei letti in terapia intensiva, non si individuano e non si contengono i focolai, ecco che» si spiega il colore rosso, aggiunge l'esperto.

Possibili zone "rosse" in Regioni non "rosse"

C'è poi il capitolo zone rosse. «Dopo 14 giorni ci potrà essere una de-escalation per le regioni, cosi come se nella prossima cabina di regia ci fossero situazioni diverse, altre regioni potrebbero diventare rosse. Inoltre il sistema non è così rigido e c'è la possibilita di fare zone rosse anche in una regione che non è rossa», ha sostenuto Rezza ribadendo che «una regione che si trova in fascia rossa o arancione resterà per almeno 2 settimane in questa fascia di rischio. Poi è possibile una de-escalation».

«Con la cabina di regia il dialogo è costante e sono al suo interno rappresentate tutte le Regioni. È una struttura tecnica che ha rappresentanti indicati dalla Conferenza delle Regioni», ha poi sottolineato. «Ringrazio tutti i colleghi delle Regioni - ha aggiunto - e gli altri per la costante, serrata e quotidiana collaborazione».

Regioni in ritardo

«Escluderei il dolo delle regioni» a fronte del fatto che i dati non sono completi. «C'è stato un grande aumento dei casi nelle ultime settimane con rapida crescita e questo mette in difficoltà il sistema. il carico di lavoro notevole puo portare dei ritardi», ha invece detto Brusaferro rispondendo a una domanda. 

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