Intelligenza artificiale negli ospedali: riammissioni dimezzate e risparmi da 15 miliardi

Report di Kearney: grazie ai logaritmi si ridurrebbero fino al 30% costi e tempi per i nuovi farmaci. Alessandro Condoluci, partner settore Sanità: «L’Italia, però, deve recuperare il forte gap tecnologico con gli altri Paesi Ue»

Intelligenza artificiale negli ospedali: riammissioni dimezzate e risparmi da 15 miliardi
di Giacomo Andreoli
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Giovedì 14 Marzo 2024, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 10:32

Fino al 50% in meno di riammissioni in ospedale per i pazienti con specifiche patologie, costi e tempi per lo sviluppo di nuovi farmaci ridotti anche del 30% e trattamenti meno cari del 10-20%.

Ma soprattutto tra i 10 e i 15 miliardi di possibili risparmi ogni anno. Sono gli effetti dirompenti che potrebbe avere sulla sanità italiana lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nei prossimi anni. A prevederlo è un report della società internazionale di consulenza Kearney, visionato in anteprima da MoltoSalute.

Lo studio considera il possibile impatto degli algoritmi intelligenti al livello mondiale e nazionale su tutta la catena del valore. Segnalando, però, come l’Italia debba fare uno sforzo in più per intercettare il trend di sviluppo in corso, perché è indietro quanto a innovazione rispetto agli altri grandi Paesi europei e del G20. Gli effetti si avrebbero a partire dai produttori di farmaci e dispositivi medici, e quindi a cascata sugli ospedali e i centri diagnostici, ma anche sulle assicurazioni e sul servizio sanitario nazionale. I produttori, come le aziende farmaceutiche, potranno usare l’Intelligenza artificiale per accelerare la ricerca e la scoperta di nuovi farmaci. Ci sarà poi un impatto importante sui pazienti, dalla diagnosi accelerata e una miglior valutazione di rischi e prevenzione, fino alla prescrizione personalizzata. Insomma, i trattamenti saranno più veloci ed efficaci, perché calati sullo specifico profilo del malato, e questo significa anche minor incidenza delle richieste di rimborso per le assicurazioni. Così come un calcolo del premio ad personam, che rischia, però, di favorire più le compagnie che gli assicurati.

RISORSE PER LE ASSUNZIONI

C’è poi da considerare per le Asl e gli ospedali una possibile miglior organizzazione della logistica, con una pianificazione più efficiente dei magazzini e una gestione meno lenta della burocrazia. «I benefici per l’innovazione del nostro Paese, liberati dall’IA - secondo Alessandro Condoluci, partner di Kearney, settore Sanità - sarebbero enormi: stimiamo nel medio-lungo periodo almeno 500 milioni di euro di efficienze in ricerca e sviluppo». Senza contare, poi, i potenziali risparmi: con quei 10-15 miliardi in più ogni anno si potrebbero ripianare i buchi di organico nel personale medico e sanitario, aumentando anche gli stipendi. L’IA, quindi, può sia aiutare o addirittura sostituire l’essere umano nelle primissime valutazioni mediche, quelle preliminari, che liberare risorse per assumere medici di base di fiducia e specialisti. Oggi in Italia ne mancano almeno 25mila, ma per la categoria i servizi cambierebbero davvero solo con 50mila professionisti in più. Il problema, però, come detto è il gap di innovazione. «Sul piano tecnologico - spiega Condoluci - siamo indietro rispetto ai partner internazionali e gli altri principali paesi europei (Uk, Germania, Francia, Spagna), sia per numero di pubblicazioni di qualità sul tema IA (ne abbiamo firmate il 4,5% di quelle uscite in tutto il mondo entro il 2022, contro il 20% cinese e statunitense, il 6,8% inglese e il 5,5% tedesco), sia per numero di brevetti (i nostri erano lo 0,7% al mondo nel 2020, contro il 38% americano, il 5,9% tedesco e il 2,5% francese)».

LO SFORZO NECESSARIO

Ciononostante, secondo Kearney, alcuni protagonisti della filiera in Italia hanno già iniziato ad attrezzarsi, sperimentando soluzioni innovative con l’IA. Nel report si fa riferimento all’investimento di Chiesi in Cyclica, un’azienda focalizzata sulla scoperta di farmaci grazie agli algoritmi intelligenti, ma anche alla recente applicazione per i pazienti Voilà, lanciata da Cerba Healthcare. E ancora, ci sono: l’esperienza innovativa dell’IA Center di Humanitas, l’automazione dei processi di liquidazione sinistri salute di Generali, la diagnostica molecolare hi-tech di Menarini e il chatbot per l’auto-valutazione dei sintomi di Axa assicurazioni. Ma ora a garantire un vero sviluppo dell’IA nella sanità, con un approccio programmato, per Condoluci «sono chiamati tutti: politica, investitori, università, industriali e associazioni dei pazienti». Serve mettere in campo diversi miliardi e formare le competenze. Al livello di regole e fondi l’Italia sta provando a muoversi. In attesa di una legge ad hoc, che si abbini all’europeo AI Act, è stata realizzata un’apposita strategia sull’Intelligenza artificiale dagli esperti chiamati dal governo. L’obiettivo è creare algoritmi italiani con alti standard di sicurezza, ma anche innovare le pmi e accelerare la burocrazia. A disposizione ci saranno almeno 1,5-2 miliardi, che andranno per forza integrati con altri fondi. Secondo Kearney, d’ora in avanti, i cinque fattori chiave per guidare l’adozione dell’IA nella sanità saranno: un contesto regolatorio “amico”, incentivi agli investimenti, la disponibilità e la qualità delle basi dati abilitanti, competenze e talenti e un vero ecosistema tecnologico. Quanto a competenze, viene citato l’esempio virtuoso dell’università Vita-Salute del San Raffaele, che ha lanciato un corso di laurea magistrale in Health Informatics. Una strada da implementare per il presidente dell’Ordine laziale dei medici, Antonio Magi, secondo cui, però, «siamo ancora al punto zero quanto a norme e formazione medica». L’obiettivo, per Magi, deve essere «usare l’IA come strumento, da controllare per la diagnosi e la cura dei professionisti, altrimenti diventa pericolosa». E poi serve «aggiornare il codice deontologico».

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