Contagiati da epatite C «durante la chemioterapia», cinque pazienti oncologici denunciano l’Asl Roma 5

Erano in cura all’ospedale di Tivoli. L’azienda sanitaria: «Nessun commento»

Contagiati con l'epatite C «durante la chemioterapia», cinque pazienti denunciano l’Asl
di Elena Ceravolo
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Sabato 2 Dicembre 2023, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 16:36

«Contagiati da epatite C durante le sedute di chemioterapia all’ospedale di Tivoli». È la denuncia choc di cinque pazienti oncologici di età compresa tra i 40 e i 55 anni che ora hanno fatto causa alla Asl Roma 5. Non si conoscevano tra di loro, ma quando per caso si sono resi conto che nello stesso periodo in cui si erano sottoposti alle terapie anti-cancro avevano avuto esperienze fotocopia hanno deciso di fare fronte unico rivolgendosi tutti insieme ad un legale. Infezioni che sarebbero avvenute nell’arco di tre mesi, da novembre 2022 a gennaio 2023.

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«C’è da sottolineare - spiega l’avvocato Claudia Ciavarella, dello studio Messa di Guidonia Montecelio - che tutti e cinque, come da protocollo, si sono sottoposti alle analisi ematochimiche di routine in vista dell’avvio della chemioterapia. Ogni esame Hiv o relativo all’antigene dell’epatite è risultato negativo. Il contagio è emerso quando, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, sono stati sottoposti ad un controllo fatto fare loro sul presupposto che la Regione Lazio avesse richiesto uno screening». 


DRAMMA NEL DRAMMA
Un risultato che ha aperto una pagina drammatica nella storia clinica dei cinque malati: hanno dovuto interrompere le cure antitumorali ed assumere potenti antivirali. «C’è un pensiero comune in tutti noi pazienti colpiti - è il racconto di uno di loro -, lo abbiamo capito confrontandoci quando ci sembrava evidente che non poteva essere un caso fortuito il fatto che fossimo in cura nel medesimo reparto.

Ed è devastante. È quello che all’improvviso devi accettare che, oltre a dover affrontare un cancro che ti stravolgere la vita, ci si aggiunge un danno del genere che ci porteremo a vita e che ad oggi non sappiamo neanche come evolverà, essendo già soggetti a rischio. Uno choc apprendere che avremmo dovuto interrompere la terapia antitumorale per curare l’epatite C. Si ha paura di non reggere, di non avere abbastanza tempo». Sarà ora la magistratura tiburtina a stabilire con certezza, con perizie e opportune indagini, se ci sia un nesso di causalità tra le cure chemioterapiche ed il contagio.

«Da allora è iniziato il calvario per ciascuno di loro - aggiunge l’avvocato Ciavarella -. I miei cinque assistiti si trovano a dover far i conti con un’aspettativa di vita decisamente ridotta. Non a causa del cancro ma di un contagio dovuto, probabilmente, a qualcosa che è successo all’ospedale di Tivoli. Ad oggi la Asl Roma 5 non si è adoperata con la dovuta solerzia, al punto di omettere finanche l’apertura del sinistro per due dei cinque contagiati. Ho trovato intollerabile il contegno tenuto dopo il ricevimento della missiva di richiesta danni. Nel caso di specie, infatti, ci sono gli estremi per ottenere anche un indennizzo in base all’articolo 1 della legge 210 del 1992, emanata per i danneggiati in modo irreversibile da vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. Per questo la comunicazione è stata inviata al ministero della Salute ed alla Regione, ma non si sono avuti riscontri fattivi. Vedremo cosa ne penserà il tribunale di Tivoli». 


I CONTROLLI
Intanto nel reparto, intorno al mese di febbraio, rigorose ispezioni interne si sono aggiunte ai controlli dei Nas. La Asl Roma 5 preferisce non commentare per il momento: «Per ora no - fanno sapere dai vertici -. Lo faremo se dovessero esserci novità». Ma pare che, nonostante ispezioni e controlli, l’origine dell’eventuale contagio sia ancora un giallo tra le mura del San Giovanni Evangelista. «Partiamo dalla premessa che parliamo di un reparto in cui tutto il personale, dal primario agli infermieri, sono professionisti seri e preparati, un reparto che ha sempre funzionato bene - spiega Dimitri Cecchinelli, segretario territoriale Cisl Fp della Asl Roma 5 -. Le circostanze, sul piano logico, portano a pensare che i 5 casi concentrati tra pazienti del reparto non possa essere un caso. Eppure sia le indagini interne sia le ispezioni dei Nas non sono riuscite a risalire alla causa. Tutto negativo.

L’azienda ha avviato la procedura prevista, tramite risk manager, per verificare se nelle attività emergessero criticità particolari, ma nulla. E niente anche dalle verifiche degli investigatori specializzati. Tutto il materiale utilizzato è monouso e, al momento, non è stato trovato nulla che potesse ricollegare al contagio». 
Sarebbe stata analizzata tutta la “filiera”: dalla fase di preparazione dei medicinali alla somministrazione fino alla gestione di ogni singolo pezzo. «È stata comunque - aggiunge il sindacalista - fatta un’opera di bonifica generale con la sostituzione totale di tutto il materiale e la strumentazione. Mentre le verifiche sono ancora in corso come è giusto che sia. Ora sarà la magistratura a dare tutte le indicazioni del caso». Ma c’è una domanda che pesa sulla vicenda: oltre ai cinque che hanno chiamato in causa la Asl, potrebbero esserci altri casi non denunciati? «Purtroppo non è escluso che ci siano - dice l’avvocato Ciavarella -. Anzi, da quanto appreso informalmente dai miei clienti si tratterebbe di un numero di pazienti non inferiore a venti». 
 

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