Canapa shop, il business dell'erba che aggira i divieti

Canapa shop, il business dell'erba che aggira i divieti
di Mario Ajello
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Domenica 9 Luglio 2017, 09:59 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 13:44

«Legalize it», cantava Peter Tosh. Ma non c'è più bisogno di cantare. La marijuana, di fatto, ormai è legalizzata. E pure l'hasish. Anche se attraverso un espediente, un po' finto come tutti gli espedienti, e comunque sconvolgente visto che di sconvolture si sta parlando: le canne pseudo-light. Le vendono un po' dappertutto in Italia. E a Roma, andando in un negozietto odoroso di cannabis quasi di fronte all'ospedale Pertini e in mezzo ai campi brulli ma qui dentro sembra di stare in una rigogliosa serra giamaicana, basta sborsare 17 euro per otto grammi di erba è il gioco è fatto. Ma se si preferisce l'Amnesia, una sorta di afgano presentato come rilassante e che invece stordisce, non c'è problema: si paga, si riceve un regolare scontrino fiscale e via, si comincia a rollare.

I GENITORI
Di simil-coffee shop alla romana, ma i gestori si offendono se li chiami così, ne stanno spuntando sempre di più. E le mamme dei ragazzi spesso sono contente: evviva le canne pseudo-light, così i nostri figli non si fanno quelle vere. E' capitato addirittura che alcuni genitori di Roma Nord, per la festa dei 18 anni della figlia, abbiano fatto la scorta - tra Joint Grow ai Monti Tiburtini, I Grow a Viale Giulio Cesare e altri spacci diffusi a Roma e in più ci sono le ordinazioni on line su appositi siti e Easy Joint, il nome dice tutto, è quello che va per la maggiore - dicendo che «così i ragazzi hanno l'impressione di fumare droga ma droga non è e quella vera la lasciano stare». Ma figuriamoci! Le canne pseudo-light, sempre più in uso anche tra tredicenni e quattordicenni come primo assaggio per poi passare alla «roba» vera, fungono da additivi agli spinelli normali e non certo da sostituti. L'espediente della legalizzazione di fatto, a dispetto delle commissioni parlamentari che si interrogano sull'argomento, degli scontri politici sul proibizionismo sì o no e delle infinite diatribe scientifiche sulla pericolosità accertata della cannabis, sta in certe piccole cifre stampate sulle scatolette di erba e di fumo. Questa droga è legale perché il contenuto di THC (o delta-9-tetraidrocannabinolo), il principio attivo che se assunto provoca gli effetti stupefacenti, è inferiore allo 0,6 per cento, il limite consentito dalla legge. Peccato però che gli stessi venditori, mentre dicono «quest'erba rilassa e non fa male», aggiungono parlando ai ragazzi che ne sono ghiotti: «Se ne fumi troppa, ti rilassi troppo». Ovvero, vai in tilt. E dicono anche - ma facce ride'! - che non si tratta di prodotti di combustione, quindi non si dovrebbero fumare, ma soprattutto di oggetti di collezione e di contemplazione. Per la grande bellezza delle foglie. O per l'estrema farinosità e l'odore pungente - ma rifiguriamoci! - della sabbia nera proveniente dall'Afghanistan.

Da I Grow, altra serra giamaicana al centro della città con tanto di narghilè ben esposti e di fari che servono a far crescere meglio le piante, i ragazzi ma anche gli attempati cannaroli fanno la processione: «Io voglio la Violator Kush», «Io la Acapulco Gold», «Io la Top Dawg», che «è una esperienza realistica di marijuana», secondo l'indicazione. Si portano via le scatolette già fatte. O i semi e anche qui c'è la finzione leguleia che liberalizza di fatto un prodotto proibito. Ci si può portare a casa o a scuola - in un liceo della Capitale fu trovata tempo fa una piantagione di erba - una grande quantità di semi di vera e propria marijuana, tanto la vendita è assolutamente autorizzata, e ciò che è vietato dai codici invece è la piantagione, il fumo e lo smercio domestico di queste erbe. Naturalmente, i giovani e gli adulti che in massa comprano queste piante lo fanno soltanto per contemplarle come se fossero «I girasoli» di Van Gogh o, secondo la regola, per «scopo ricreativo» (uno scopo facile da immaginare).

GLI AGENTI
A due ragazzi di Prati, è accaduto questo episodio. Di ritorno da un regolarissimo simil-coffee shop, sono stati fermati dalla polizia. Nella Smart hanno due scatolette di hasish Amnesia. I poliziotti decidono di portare i ragazzi al commissariato. Ma quelli, occhi rossi da bella fumata, voce strascicata come è tipica di questi casi, protestano: «Ma lasciateci stare, questa non è droga, è solo una mezza droga». E dicono: «Leggete qui». Gli agenti vedono che il THC è allo 0,2. Non capiscono che cosa significhi, ma vanno su Google e scoprono che sotto lo 0,6 l'effetto sconvolgente è lecito. E dunque: «Scusate, ragazzi, potete andare». A rollare ancora canne d'ogni tipo. E a bearsi, cioè, di questo buco legislativo che consente di usare la droga come se droga non fosse.

Vincenzo Di Marzio, direttore dell'istituto di chimica molecolare del Cnr, mette in guardia su queste sostanze.

Ha spiegato alla rivista Wired che ogni persona reagisce diversamente all'assunzione di cannabis e che la potenza del principio attivo non può essere codificata a priori. Cambia quando l'erba viene riscaldata e quindi quando la si fuma. «Bisognerebbe essere sicuri - così spiega il professore - delle percentuali di THC in forma attiva presenti al momento del consumo, per poter ipotizzare i possibili effetti sul sistema nervoso». Valutazioni che stridono rispetto all'irresponsabile trasporto con cui la novità delle canne finto-leggere viene salutata dallo sterminato popolo dei fumatori piccoli e grandi, che si gode lo sdoganamento di un vizio pericoloso e di un'abitudine dilagante anche tra i minorenni. I quali ora festeggiano: «Rega', ammazza quanto è bbona l'erba de Stato!».

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