"Il bello dell'Italia" visto dagli stranieri della stampa estera

"Il bello dell'Italia" visto dagli stranieri della stampa estera
di Gabriele Santoro
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Mercoledì 18 Febbraio 2015, 19:26 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 00:17
Oggi arriva in libreria un libro particolare, che raccoglie sguardi sull'Italia, non filtrati, dei corrispondenti della stampa estera a Roma. Maarten Van Aalderen, giornalista di lungo corso e firma di De Telegraaf (principale quotidiano olandese con oltre 500mila copie al giorno), nell'agile volume Il bello dell'Italia (Albeggi edizioni, 152 pagine, 15 euro) riporta le voci di colleghi di circa quaranta testate, che ci invitano a non cedere all'italico vizio dell'autolesionismo, ma anche all'acritico compiacimento. «È difficilissimo per un altro Paese copiare la creatività, la capacità di adattamento e l’elasticità culturale degli italiani, ma le energie di cui il Paese dispone devono trovare più spazio nella società», dice Udo Gümpel.



Gli spunti interessanti sono molteplici. Lo spagnolo Rossend Domènech fa un resoconto appassionato dell’esperienza di Slow Food. La russa Elena Pouchkarskaia ripercorre la storia di Loro Piana. La giornalista algerina Nacéra Benali è colpita dalla ramificazione del volontariato su tutto il territorio. L’israeliana Sivan Kotler ci ricorda che la scuola pubblica è da tutelare, riflettendo su esperienze d'avanguardia scolastica. L’iraniano Hamid Masoumi Nejad afferma che malgrado l’importanza politica ed economica di altre lingue, il numero di persone che studia l’italiano cresce continuamente anche in Paesi che non hanno conosciuto l’immigrazione italiana. Ogni anno più di mille studenti iraniani vengono in Italia appositamente per la lingua. Il cinese Ma Sai stima che ci siano centocinquanta milioni i tifosi del Milan in Cina. Che cosa fanno i nostri club per proporsi su quel mercato?



Van Aalderen, qual è il bello dell'Italia?



«Senz'altro la complessità che emerge dalle narrazioni dei corrispondenti da me intervistati. Non vorrei apparire banale nel rispondere cultura, arte e gastronomia. È un luogo che nella propria umanità profonda esprime ancora cose belle. Due punti credo siano focali: la tutela paesaggistica e il recupero di un ruolo strategico nel Mediterraneo. Quello che spesso ci stupisce dell'Italia è l'istintiva capacità di reazione a fronte di eventi avversi. E quell'attitudine all'ironia che non andrebbe smarrita».



Lei ha maturato una lunga esperienza da corrispondente, inviato a Roma dal 1990. In che modo sintetizzerebbe l'attuale scenario politico sociale?



«La lunghissima recessione ha messo a nudo le difficoltà strutturali del Paese. Avverto un preoccupante distacco fra cittadini e istituzioni. I primi anni Novanta furono drammatici per l'Italia. Non soltanto per il deflagrare di Tangentopoli, ma soprattutto per l'assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ricordo in modo nitido quella stagione. E direi che come allora non mancano persone di buona volontà, che lottano per modificare lo status quo. L'idea di fondo del libro è di dare voce a chi, dopo la necessaria critica, si prende la responsabilità di costruire qualcosa. Un patriottismo fuor di retorica non guasta».



La contrazione economica generale che ha colpito pesantemente anche l'editoria sta inficiando la dinamicità del mestiere del corrispondente?



«Penso che questo ruolo si rivaluterà nella ridefinizione complessiva dei rapporti con gli editori. L'investimento economico su questa figura esprime molto il valore della testata».



Per la copertina ha compiuto una scelta evocativa, il Belpaese come l'Icaro caduto dello scultore polacco Igor Mitoraj?



«Mi sono state proposte decine di copertine. Molte delle quali erano cartoline ammiccanti. Questa scultura invece induce alla riflessione. La interpreto come una raffigurazione della voglia di rialzarsi».



Nell'introduzione sostiene che gli italiani siano eccessivamente autocritici. Perché la buona notizia non è giornalisticamente una contraddizione in termini?



«Privato dello spirito critico e della missione di denuncia il giornalismo muore. Però un'atmosfera di negatività fine a sé stessa non serve a nulla. Gli italiani tendono ad affossarsi».



Lei spende parole importanti per la bellezza sottovalutata di Napoli.



«È una città affascinante, vivace rispetto ad altre metropoli italiane, come ho scritto spesso sul mio giornale. Ha un'identità e un patrimonio culturale da rivalutare».



La stampa estera come si appresta a raccontare la sfida dell'Expo? Uno dei saggi è dedicato all'esperienza di Slow Food e a Carlin Petrini, che durante la kermesse l'Expo delle idee ha dato una bella scossa.



«Sarà interessante analizzare in che modo si definirà il rapporto tra Slow Food e l'Expo. Ovviamente ci siamo dovuti occupare della piaga endemica della corruzione, ospitando alla Stampa Estera anche Raffaele Cantone. Rifuggendo l'autocelebrazione la ritengo un'occasione di mettersi in mostra, di riflessione e sviluppo sano decisiva. L'interesse per l'evento è crescente, sarà sempre più al centro delle nostre corrispondenze».



Enrico Berlinguer e Matteo Renzi sono gli unici politici citati nel libro. Quale ritratto del premier viene fuori?



«Il collega de Le Figaro fa un elogio dell'operato del premier. Esplicita il proprio punto di vista, che è un'apertura di credito ancora viva nella stampa estera. Teodoro Andreadis Syngellakis ha scelto Berlinguer per l'attualità profetica del suo discorso politico nella Grecia dei nostri giorni. Il leader comunista è fonte d'ispirazione per Alexis Tsipras. Il tema della sinistra e l'Europa rimane dirimente».



La stagione irrisolta degli Anni di piombo resta al centro dell'interesse. Il testo rievoca la memoria storica di Sergio Flamigni.



«Come emerge dalla lettura il rigore morale di un uomo, che ha attraversato fatti decisivi nell'evoluzione della storia repubblicana, lascia il segno. Comprendere quegli anni significa impegnarsi seriamente del presente. Come mi ha detto l’inglese Philip Willan l’Italia, se vuole voltare pagina, deve chiarire il suo passato. Non si va avanti con una storia recente oscura, piena di ricatti e di dubbi irrisolti. Bisogna indagare sulla storia recente con rigore e onestà, come ha fatto Flamigni».



Nel libro c'è anche Roma, alla ricerca dell'autentica anima popolare. Quando ha scoperto la Garbatella?



«Io purtroppo abbastanza tardivamente. Una mia giovane connazionale restituisce la ricerca di una Roma non ancora sparita, che alla Garbatella ancora si può trovare».



Giovedì alle 18, alla presenza del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, presso la sede della Stampa Estera, di cui Van Aalderen è presidente, si terrà la prima presentazione.
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