Hogarth, Turner, Reynolds:
a Roma i grandi pittori inglesi

Hogarth, Turner, Reynolds: a Roma i grandi pittori inglesi
di Danilo Maestosi
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Martedì 15 Aprile 2014, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 14:02
Esperienza rara una rivisitazione storica cos ben costruita come questa mostra che la Fondazione Roma porta in scena fino al 20 luglio nelle sale di palazzo Sciarra in via Minghetti. Sventolando nel titolo il richiamo civetta di tre grandi maestri, Hogart, Reynolds, Turner, ma sviluppando con coinvolgente rigore il tema più ampio del sottotitolo, la pittura inglese verso la modernità, con una ricca e dosata passerella di altri protagonisti di quella stagione, che segna l’irruzione dell’arte inglese sulla ribalta europea. Merito di una regia, affidata ad una collaudata coppia di esperti, Carolina Brock e Valter Curzi, convinti che la storia della pittura non sia scritta dal guizzo di isolati talenti ma da una trama più fitta, profonda di apporti, scarti di stili e di sguardi che è specchio delle modificazioni sociali.



Di un allestimento firmato da Lucio Turchetta che sgrana le oltre cento opere in catalogo, che arrivano in prestito da una quarantina di grandi musei della Gran Bretagna, in un susseguirsi di interni che cambiano colori ed arredi per scandire il percorso. Spettacolare la prima che traccia un panorama eloquente dei grandi interventi urbani che rivoluzionano il volto della Londra del primo Settecento per adeguarla al ruolo di capitale del più vasto impero coloniale. Tra i quadri tre stupende tele di Canaletto, che in questa Londra soggiornò per oltre 9 anni. Due ritraggono il ponte di Westminster in costruzione. Pennellate sobrie, tagli prospettici e un uso della luce tutto veneziano, che rischiara e rende mediterraneo pure il cielo sempre nuvoloso: il gusto italiano è bussola forte ma sta crescendo una scuola di paesaggisti più ancorata alla cronaca e al vero, e una scuola altrettanto ricca di pittori e vignettisti, votati a cogliere e a mettere in berlina le mutazioni di classi sociali e costumi.



Come farà il rappresentante più geniale di questa pattuglia di fustigatori di costumi, William Hogart, presente con una quindicina di opere, tra cui spiccano un paio di incisioni in cui racconta con spietata concisione il mercato dei voti di una tornata elettorale. In questa città che si apre con orgoglio al vento della modernità lo svago più seguito è il teatro, specialmente quello di Shakespeare.



Re dei salotti è un attore paffuto, Garrick, di cui la mostra presenta vari omaggi di grandi ritrattisti dell’epoca. Ma la passione contagia anche uno dei pittori più singolari, un inglese d’adozione, lo svizzero Fussli: la galleria di tele tenebrose e surreali dedicate ai personaggi shakespiriani è la chicca più stupefacente dell’intera mostra. La fine del Settecento è l’età d’oro del ritratto, che Reynolds e altri maestri inglese liberano dai vincoli del classicismo accademico. E infine il trionfo di un modo tutto inglese di interpretare il paesaggio, che raggiunge il suo culmine grazie al talento innovatore e profetico di Constable e di Turner: due pareti con i loro capolavori a raffronto chiudono in bellezza il percorso.
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