Il ciclo è finito. Bisogna ricominciare da capo con o senza Inzaghi. A dirlo è il campo. E il campo non sbaglia mai. E non è nemmeno un caso che questa riflessione arrivi al quinto anno. Tempo fa un certo Massimiliano Allegri (Lupus in fabula) disse: «Credo sia difficile trasmettere ai giocatori le stesse cose dopo 5 anni». Lotito è furioso, si aspettava un finale decisamente diverso. Non ha gradito la resa della squadra. Dito puntato contro tutti. Lui, conservatore da sempre, minaccia la rivoluzione. Si è toccato l’apice centrando la Champions. Inutile negarlo. A giugno servirà spinge il tasto reset. Impossibile e sbagliato radere tutto al suolo ma bisogna ricominciare sulla basi solide che sono state messe. D’altronde i biancocelesti sono in pianta stabile in Europa League. Ma è arrivato il momento di fare un altro passetto in avanti. La Champions non può e non deve essere lo straordinario. L’una tantum. Il contentino. Ma per farla diventare una piacevole consuetudine servono gli investimenti. Serve far mercato. E la storia del budget limitato non regge più. I tifosi allora si chiedono: perché sono stati investiti 18 milioni più commissioni per Muriqi? Uno che Inzaghi sta ancora aspettando. Aspettando Godot verrebbe da dire. Anche i più positivi si sono ormai arresi. Senza parlare di Escalante, Fares, Hoedt, Musacchio e Pereira per citarne alcuni.
A Simone servivano acquisti importanti per giocare ogni tre giorni. E non è un caso che il tecnico ripeta ormai da tempo che «la Champions l’abbiamo persa nel girone d’andata». Sì, proprio quando le tante partite bruciavano energie fisiche e mentali e a giocare erano sempre gli stessi. Responsabilità che la società deve assumersi.
ESSERE ALLEGRI
Il derby perso in quel modo contro la Roma ha palesato tutte le difficoltà e contraddizioni di questa stagione.