È logico che la sfida abbia imboccato una strada precisa: e così, nella ripresa, il palcoscenico se lo è guadagnato meritatamente Aduriz, centrando il bersaglio addirittura per tre volte. Un colpo di testa indovinato dal cuore dell’area, un destro angolato, un rigore che ha spiazzato ter Stegen. E il poker è stato servito. Va chiarito che il crollo assoluto del Barça ha sfiorato la follia: ha stupito, per dirne qualcuna, l’impalpabilità di Leo Messi e di Suarez, ha meravigliato l’inconsistenza del centrocampo, ha inquietato la fragilità psicologica. Dopo aver collezionato la Liga, la Copa del Rey, la Champions League e, l’altra sera, la Supercoppa europea, stavolta i blaugrana non hanno saputo innestare le marce alte lungo l’ultimo tratto del sentiero. Hanno incontrato una corrente d’aria imprevista e si sono avvitati senza controllo verso l’asfalto di un’umiliazione. Alla prestazione preoccupante, probabilmente, non dev’essere comunque estraneo il peso della fatica accumulata nella gara di Supercoppa euroea o anche, a ben pensarci, un vago senso di appagamento.
Ottimo, viceversa, l’Athletic di Ernesto Valverde, padrone di geometrie e di un meccanismo offensivo perfetti: dimenticando ogni prudenza, Susaeta, Eraso e Aduriz hanno riportato il Barça alla realtà. Lunedì, la finale di ritorno, divetata d’improvviso pressoché inutile.