A Tel Aviv il meglio dell'innovazione per la cyber security: entro il 2022 darà lavoro a 3,5 milioni di persone

Gli stand della HLS&Cyber 2018 a Tel Aviv
di Alessandro Di Liegro
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Martedì 13 Novembre 2018, 15:06 - Ultimo aggiornamento: 15:07

Entro il 2022 vi saranno 3.5 milioni nuovi posti di lavoro nella cibersicurezza; oggi il comparto dà lavoro a 500mila persone. È solo uno dei dati emersi dalla HLS&Cyber di Tel Aviv, fiera della cybersecurity, mercato in cui a livello globale sono investiti 380 miliardi di dollari e che causa oltre 2 trilioni di dollari di danni. Un mercato, quello della cibersicurezza, in crescita esponenziale come rilevanza e interesse da parte di governi, privati e aziende.

In mostra, al Convention Center della città, alcune delle soluzioni più innovative per la sicurezza nazionale, contro i ciberattacchi e per le fintech, quella branca tecnologica che si occupa principalmente di finanza ed economia: dai droni visti come opportunità e minacca, alle soluzioni di riconoscimento visuale e audio – che in Israele sono la normalità, a dispetto di ogni discorso relativo alla privacy – alle principali tendenze che nei prossimi anni diventeranno delle necessità per la sicurezza di dati e transazioni.

Due giorni, 13 e 14 novembre, in cui il meglio dell'industria israeliana nel settore – che rappresenta il 10% dell'export nazionale – si espone al mondo, con delegazioni da ogni angolo del globo, che a Tel Aviv vogliono conoscere le ultime innovazioni nel campo. Israele è il leader – per necessità, dicono – del settore: «Siamo la casa più bella di un quartiere orribile – afferma scherzando il presidente dell'Israelian Export Institute, Adiv Baruch - Non avevamo risorse naturali, l'unica risorse che avevamo è lil cervello. Per la nostra sopravvivenza abbiamo dovuto creare vantaggi, per la nostra dimensione – piccola – nei confonti delle enormi minacce. Dobbiamo creare tecnologia avanzata per compensare la nostra piccola dimensione. Questa tecnologia può servire a ogni Paese per creare una vita migliore in ogni parte del mondo».

Qualche chilometro più a sud, intorno ai confini di Gaza, proprio ieri sera oltre 400 razzi provenienti dalla Striscia hanno colpito il territorio israeliano. Secondo Baruch è una dimostrazione della funzionalità degli apparati tecnologici di difesa: «Abbiamo avuto minimi danni ai civili – prosegue – cosa sarebbe successo se 400 razzi avessero colpito Tokyo? Il caos. Invece grazie all'Iron Dome, ai droni, ai nostri sistemi di sicurezza abbiamo avuto un numero minimo di danni».

Nella due giorni, conferenze, incontri, tavole rotonde sui temi della cibersicurezza a 360 gradi: dalle prospettive geopolitiche della sicurezza nazionale, ai trasporti digitali, alla prevenzione degli attacchi nei servizi finanziari – il maggiore rischio nei prossimi anni a detta del World Economic Forum – sino allo sviluppo delle tecnologie Blockchain. L'Italia è la delegazione più numerosa, segno di un interesse crescente nello sviluppo delle politiche sulla cibersicurezza e della stretta partnership economica con Israele: «L'Italia sta sviluppando una rivoluzione nella gestione dati medici. Anche nel campo delle telecomunicazioni, l'Italia sta mettendo in campo soluzioni avanzate sui big data – prosegue Baruch – c'è attenzione riguardo le preoccupazioni e hanno capito che più le informazioni sono parcellizzate, più sono sicure».

Nel campo della cibersicurezza, in campo civile, secondo Baruch è fondamentale la condivisione delle informazioni, per fronteggiare una minaccia globale: «Viviamo in un mondo piatto, i confini fisici non sono più così importanti come in passato – sostiene Baruch - Oggi, quando noi guardiamo al mondo del cyber, in ogni aspetto, diciamo che il mondo è digital, vogliamo essere connessi in real time, creiamo miliardi di sensori.

Questi sensori, se c'è un modo per entrare nei dati, lo può fare anche qualcun altro. I dispositivi medici possono essere controllati da remoto, così come i dati sanitari o i possono controllare conti correnti. Se c'è un ingresso, qualcuno può entrare».

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