Schettini, il fisico star di TikTok: «Il vero pianeta alieno è la Terra»

Fisico e prof influencer: «L’umanità deve rassegnarsi al fatto che potrebbe essere in compagnia di altre forme di vita nel cosmo, ma lontanissime»

Vincenzo Schettini, fisico e prof influencer
di Valeria Arnarldi
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Giugno 2023, 14:53 - Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 07:17

Un messaggio terrestre spedito da Marte che torna alla Terra.

Il testo cifrato inviato dalla sonda ExoMars Trace Gas Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea, lo scorso 24 maggio, ci offre nuovi punti di vista sullo Spazio e, più ancora, su di noi. Per parlare di cosmo – e non solo – abbiamo raggiunto Vincenzo Schettini, fisico, musicista e prof influencer. Le sue lezioni, pubblicate sui social, sotto il nome La fisica che ci piace, gli hanno permesso di conquistare milioni di follower – il suo video più seguito è stato visualizzato da sette milioni di persone – e il suo libro La fisica che ci piace, appunto (Mondadori Electa), è un altro successo. Nei suoi interventi, rende la fisica più facilmente comprensibile e, probabilmente, lo Spazio più “vicino”.

Professor Schettini, come si comunica con lo Spazio?

«Il messaggio inviato è un segnale elettromagnetico che viaggia alla velocità della luce e ha coperto quasi 300 milioni di chilometri, ossia la distanza Marte-Terra, in appena sedici minuti.

Abbiamo così simulato la ricezione di un segnale extraterrestre, ma se arrivasse davvero da alieni sapremmo decodificarlo? Non sappiamo che tipo di segnale sarebbe. Decodificarlo è la vera sfida».

Non è la prima volta che tentiamo di parlare con altre forme di vita.

«Nel 1977 è stato inviato nel cosmo il Voyager Golden Record, disco per grammofono inserito nelle sonde del programma Voyager. Abbiamo registrato un messaggio secondo il nostro modo di comunicare. Impiegherà 40mila anni per arrivare alla stella più vicina. E non sappiamo come potrà essere interpretato qualora venisse trovato da alieni o dall’umanità del futuro».

Perché, allora, il nuovo esperimento?

«Si tratta di una simulazione di primo contatto. Il principio è quello di una prova di evacuazione a scuola: a essere simulata è una situazione che potrebbe effettivamente verificarsi».

Dunque, gli alieni esistono?

«Secondo studi recenti solo nella nostra galassia esistono miliardi di esopianeti simili al nostro. Le distanze, però, sono enormi. Per comunicare con uno di questi, un segnale elettromagnetico alla velocità della luce impiegherebbe comunque decine, se non centinaia, di migliaia di anni. Purtroppo l’umanità deve rassegnarsi al fatto che potrebbe essere in compagnia di altre forme di vita nel cosmo ma che queste sono distanti».

Alieni ma non solo, il messaggio di Voyager è anche per l’umanità del futuro.

«Nel libro Mondi Paralleli, il fisico Michio Kaku dice che esistono vari livelli di evoluzione tecnologica delle civiltà e noi siamo a un grado bassissimo. A un livello successivo al nostro, ad esempio, le civiltà riescono a sfruttare efficacemente l’energia della stella più vicina. E noi dell’energia solare non sfruttiamo quasi nulla. Uno dei passi del futuro dell’umanità lo aveva ipotizzato già decenni fa Freeman Dyson, con la cosiddetta Sfera di Dyson, una sorta di gabbia intorno al Sole, in grado di non portare via la luce ma sfruttarne l’energia. Ma noi non abbiamo fatto grossi passi avanti perché non abbiamo ancora capito come rendere il nostro pianeta più abitabile possibile».

E quindi, il vero pianeta alieno, per noi, è la Terra?

«Non abbiamo raggiunto un livello di evoluzione tale da sfruttare e proteggere il pianeta. E quindi, sì, il pianeta alieno è il nostro. Quando pensa al futuro la scienza ha la visione di viaggi interstellari e di una parte dell’umanità che lascia il pianeta per colonizzarne altri. Ciò, però, non accade ipotizzando che si debba abbandonare il pianeta per ragioni apocalittiche, quella è una narrazione cinematografica. Non possiamo permetterci di pensare negativo. La scienza guarda al futuro in modo positivo. Si parla di energie rinnovabili, idrogeno verde, desalinizzazione dell’acqua. Ci sono passi precisi da fare».

Ecco, quali sono i passi perché la Terra sia meno “aliena”?

«L’idrogeno è uno dei temi più interessanti: assicura il triplo dell’energia dei combustibili fossili e non immette CO2 nell’atmosfera. E c’è molto idrogeno sulla Terra. Basti pensare all’acqua, H2O. Il problema è averlo allo stato libero. Per dissociarlo occorre attivare processi che comportano l’uso di energia elettrica, ma se viene ottenuta bruciando combustibili fossili, si continua a inquinare. Se il processo è fatto tramite fonti rinnovabili allora si parla di idrogeno verde. I macchinari per dissociare l’idrogeno ad oggi sono molti costosi ma in futuro non sarà così. I giovani devono guardare a queste cose, ma per farlo occorre un cambio di mentalità».

Anche per questo è nata “La fisica che ci piace”?

«Bisogna far emergere la sensibilità che già c’è. Ho capito immediatamente che avrei interessato un numero molto grande di studenti, realizzando i live online. Immaginavo quindi il successo che avrei avuto, quello che non sapevo è che avrei raggiunto un pubblico trasversale per età. Ai firmacopie del libro, la gente va dagli otto anni ai novanta. Faccio spettacoli nelle piazze e il palco sembra quello di un cantante rock, circondato da migliaia di persone. Un professore con questo riscontro è rivoluzionario. Non lo dico per me, ma per la categoria».

Come vede, quindi, il domani dell’insegnamento?

«Molto diverso da oggi. Immagino un insegnante capace di osare e cogliere opportunità, che insegna in Italia ma anche all’estero e in contemporanea scrive libri, fa conferenze, crea una sua realtà scolastica. E facendo tutto ciò, porta nella scuola un valore aggiunto. Ma non siamo ancora pronti, forse, per questo. Le novità spaventano».

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