Papa Francesco chiama l'astronauta Paolo Nespoli sulla stazione spaziale internazionale

Papa Francesco chiama l'astronauta Paolo Nespoli sulla stazione spaziale internazionale
di Paolo Ricci Bitti
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Giovedì 26 Ottobre 2017, 12:32 - Ultimo aggiornamento: 20:15

I Pontefici passano, l'astronauta Paolo Nespoli resta. In orbita. Oggi Papa Francesco ha chiamato il veterano italiano dello spazio che dal 28 luglio sta orbitando a 400 chilometri dalla Terra.




Il collegamento (inflight call) dalla saletta dell'aula Paolo VI è iniziato alle 15 ed è durato una ventina di minuti. Sempre sul filo dell'emozione, perché non si resta mai indifferrenti al fatto di parlare con qualcuno che sta sfrecciando lassù a 28.800 chilometri orari sulla più grande nave spaziale costruita dai terrestri. Paolo Nespoli, poi, 60 anni, astronauta dell'Agenzia spaziale europea impegnato nella missione di lunga durata Vita dell'Agenzia spaziale italiana, è riuscito a parlare dall'Iss con due presidenti della Repubblica e, da oggi, con due Papi. 

La prima volta avvenne il 21 maggio del 2011, alla sua seconda missione e il collegamento lasciò tutti con gli occhi lucidi: pochi giorni prima era morta la madre dell'astronauta lombardo e Papa Benedetto XVI gli manifestò tutta la sua vicinanza.

Non tutti gli astronauti, per non dire dei cosmonauti (russi) e dei taikonauti (cinesi), parlano del loro rapporto con la fede religiosa e di una personale ricerca dell'infinito, ma di sicuro molti di loro pregano alla partenza e al ritorno, le fasi più pericolose delle missioni, e soprattutto quando si affacciano per la prima volta alla cupola della stazione. Da dietro quel bovindo tutti si chiedono almeno una volta chi o che cosa possa aver creato quello spettacolo che toglie il respiro.

Intanto Nespoli, che ha già portato in orbita santini di Padre Pio, questa volta prima del decollo ha ricevuto dallo stesso Papa Francesco il simbolo delle Schole Occurrentes, l'organizzazione internazionale che attraverso l'istruzione promuove il confronto e la pace fra i popoli. Quei popoli divisi sulla Terra da confini che dalla stazione orbitante, raccontano sempre gli astronauti, non si vedono su quella nave spaziale che è il nostro pianeta in viaggio nello spazio con un unico equipaggio. 

Quello di Papa Francesco con gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale è stato un collegamento fra la Terra e un avamposto di pace tra le stelle in cui vive e lavora una piccola parte dell'umanità che si trova fuori dall'atmosfera: lo hanno visto così il presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi); Roberto Battiston, e il direttore del centro dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) in Italia, Josef Aschbacher, responsabile delle attività di osservazione della Terra.

I sei uomini dell'equipaggio della Stazione Spaziale, fra i quali l'italiano Paolo Nespoli, «rappresentano una diversità di culture, ma tutti insieme per far funzionare un grande laboratorio in orbita», ha detto Battiston subito dopo il collegamento, al quale ha assistito insieme ad Aschbacher. «Il colloquio - ha proseguito - si inquadra nella storia della Stazione Spaziale, nata quasi 20 anni fa all'epoca della guerra fredda e oggi diventata un luogo unico di collaborazione internazionale».

Alla sua costruzione hanno infatti contribuito, oltre all'Italia, che ha realizzato la metà dei moduli abitativi,  gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e numerosi paesi europei, e insieme continuano a gestirla.

«Lo spazio - ha rilevato - non è solo un posto speciale da cui vedere la Terra, ma un modello di collaborazione internazionale al servizio della pace». Quanto alla scienza, attività principale per gli astronauti che lavorano in orbita, «è una forma di rispetto per la vita».

È d'accordo Aschbacher, per il quale il dialogo fra il Papa e gli astronauti è stata la dimostrazione di come «la scienza sia un altro modo di esprimere la curiosità: come la religione, il sui punto di partenza è il voler capire dove siamo e dove stiamo andando». Per quanto riguarda il mondo scientifico, ha aggiunto, «è importante capire bene il nostro pianeta e chiederci se esista un posto in cui vivere in futuro al di fuori di esso».

Studiare e comprendere la Terra è oggi il compito dei tanti satelliti che continuamente rilevano dati su vegetazione, oceani, umidità, suolo. Fanno questo, ha spiegato, i satelliti Sentinella della Terra del programma Copernicus promosso dall'Esa con la Commissione Europea.

«I satelliti - ha osservato Aschbacher - ci mostrano come il nostro pianeta stia cambiando velocemente e possono indicarci dove stia andando l'umanità.

Con i nostri strumenti tecnici studiamo quello che il Papa affronta con gli strumenti della filosofia».

 

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