Perugia, affitta casa e non riesce a mandar via gli inquilini: finisce lei in tribunale per violazione di domicilio

Entrata nell'appartamento per recuperare degli effetti personali, la donna è stata prima minacciata con un coltello e poi denunciata dagli affittuari

Affitta casa e non riesce a mandar via gli inquilini: finisce lei in tribunale per violazione di domicilio
di Egle Priolo
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Giovedì 18 Aprile 2024, 09:13 - Ultimo aggiornamento: 11:27

Ha una bella casa con giardino, parti comuni e due appartamenti che si possono separare. Tanto che uno decide di affittarlo per brevi periodi: un'entrata in più fa sempre comodo. Peccato che la coppia con il bambino piccolo che lo ha preso in affitto, nonostante le litigate e la convivenza presto turbolenta, a un certo punto decida non solo di non pagare più, ma anche di non andar via. E la battaglia con gli occupanti diventati morosi arriva in tribunale, non solo civile. Perché il giorno che lei decide di entrare in quell'appartamento «per recuperare alcuni effetti personali» finisce lei con una denuncia per violazione di domicilio, praticamente in casa sua. Ma non solo, visto che quando gli affittuari capiscono le sue intenzioni, la minacciano con un coltello da cucina. E così davanti al giudice ci vanno sia proprietaria che inquilini, in un incrocio di denunce e versioni difficile da sbrogliare.

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La vicenda

Tra case occupate, ritorsioni e coltelli sguainati, la storia inizia nel 2018 a Umbertide, un affaccio sul Tevere a pochi chilometri da Perugia, tra campi di tabacco, capannoni industriali e l'economia che lì gira forte. Nel centro del borgo, tra il palazzo comunale e la chiesa di San Francesco, c'è una casa bassa: la proprietaria ne affitta una porzione, mette un annuncio e nel luglio di quell'anno risponde una coppia. Sono giovani, di origine marocchina, ma perfettamente integrati in questo cuore dell'Umbria dove la popolazione straniera completa quella indigena. «Una bella coppia», dirà la proprietaria. Ma i loro rapporti diventano presto burrascosi.
La donna, oggi 48enne, aveva preso accordi per un affitto temporaneo, roba di pochi mesi.

Ma è arrivato il 2020 e loro sono ancora lì. Alla fine ci resteranno fino a dicembre ma, d'altro canto, loro chiedono da tempo di regolarizzare il contratto d'affitto, con i 400 euro mensili finora pagati in nero: un documento registrato, invece, servirebbe soprattutto all'uomo per il suo permesso di soggiorno, ma la proprietaria procrastina questa firma e arriva – secondo le accuse – anche a staccare il gas alla coppia per mandarla via.

Loro però resistono, nonostante le difficoltà e il figlio appena nato. E lei, allora, secondo la denuncia, passa alle vie di fatto. Sono le 23.30 del 23 agosto 2020, con un amico passa davanti a un bar e trova altri due conoscenti. Poche parole e una richiesta: «Mi accompagnate a casa mia?». Dove, ha raccontato ieri davanti al giudice Serena Ciliberto uno dei due chiamato a testimoniare, lei ha «una porzione di casa occupata abusivamente da una coppia di coniugi. Doveva prendere degli effetti personali e aveva paura di loro, perché già altre volte era stata aggredita verbalmente». I quattro arrivano all'indirizzo, la 48enne entra con l'amico e gli altri due restano fuori. Ma rientra anche la coppia, con il marito che capisce subito e scappa dentro. Da fuori si sentono urla. Pochi minuti e la proprietaria e l'amico escono di corsa, lei «visibilmente stravolta e dolorante», come raccontato dai testimoni ai carabinieri. Dietro di loro, l'inquilino che urla insulti brandendo «un coltello da affettati».

Un episodio diventato per il pubblico ministero Mario Formisano un'accusa di violazione di domicilio per la donna e il suo amico, che – difesi dagli avvocati Vittorio Betti, Stefania Bagnini e Claudio Cimato – contestano dicendo di essere solo entrati nelle parti comuni e quindi soltanto in casa della signora, ma anche un capo di imputazione per minacce aggravate per l'inquilino, con l'avvocato Pasquale Perticaro che ricorda però le gomme squarciate al suo assistito per ritorsione e gli accordi mai rispettati. Insomma, una battaglia legale (al momento solo rinviata al 18 settembre) che di “casa dolce casa” non ha avuto proprio niente.

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