«Sa per noi quanto è lontano il confine che separa la vita alla morte? Novanta secondi, un minuto e mezzo. E siamo anche fortunati: perché chi vive più a sud, da quando inizia a suonare la sirena d’allarme a quando il missile centra il bersaglio passano 15-30 secondi, al massimo». Mario Burgani è nato a Napoli 45 anni fa, ma cresciuto a Foligno nel cuore dell’Umbria, da dove è partito nel 2011 quando ha deciso di seguire sua moglie Miri in Israele. Padre di quattro figli (Digli Noa, 19 anni, Anna, 17, Daniele, 11 ed Emma, 4), lavora come sales development per una importante società finanziaria israeliana. Per lui e la sua famiglia, l’attacco subito da Israele resterà un giorno che difficilmente potrà essere dimenticato. I missili sulla cittadina in cui abita, Har Adar, sono piovuti giù ancor prima che quella maledetta sirena cominciasse a squarciare il silenzio di un’alba di sangue.
IL RACCONTO
Il racconto di quei terribili momenti e di tutto ciò che s’è poi sviluppato nelle ore seguenti e che è ancora in corso Mario Burgani, figlio di Giuseppe che per anni a Foligno ha guidato la camera del Lavoro della Cgil, lo ha fatto in una intervista raccolta da Il Mattino.
IL PUNTO
Quell’impegno, sviluppato poi anche nell’attività professionale, l’ha portato a trasferirsi in Israele l’ha visto essere anche attore-protagonista in seno all’Associazione Italia-Israele di Foligno di cui è stato anche presidente emerito. A casa, in Israele, Mario Burgani e i suoi familiari hanno percepito chiaramente cosa stava accadendo tra il sibilo delle difese antimissile e i colpi che centravano i razzi lanciati da Gaza ed è stato in quel frangente che, con massima rapidità e senza alcuno tentennamento, è stata presa la decisione di andare nel bunker. Un rifugio che è elemento di salvezza nonostante le difficoltà di comunicazione fatta salva la rete Internet che in qualche modo ha continuato a reggere. Una vita non semplice, quella nel rifugio, ma anche una necessità importante per evitare quanto più possibile rischi di varia natura e soprattutto grandi e gravi pericoli. Il bunker è stato attrezzato, spiega ancora Mario Burgani a Il Mattino “Con riserve di acqua, cibo e tre materassi. Dormiremo qui, perché non sappiamo ancora bene che cosa sta accadendo fuori. Leggo su alcune chat che ci sono tante altre persone radunate nei rifugi, molti lanciano sos perché sembra che i missili caduti abbiano dato fuoco e distrutto le case. Chiedono aiuto, non sanno cosa fare. Per il momento quello che conta è agire. L’esercito deve ripristinare la sicurezza e noi, come Paese, dobbiamo rispondere uniti alla minaccia terroristica”.