Narni, licenziata dal Comune
per un ammanco di cassa
reintegrata dal giudice del lavoro

Narni, licenziata dal Comune per un ammanco di cassa reintegrata dal giudice del lavoro
di Marcello Guerrieri
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Lunedì 20 Marzo 2017, 20:36 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 10:18
NARNI Era stata licenziata in tronco per una vicenda che aveva visto un ammanco di duemilaseicento euro: era il 2013 e Rita Graziano, narnese, dipendente di lungo corso del Comune di Narni, non aveva saputo dare spiegazioni su un presunto ammanco che si sarebbe verificato nell’ufficio dove lei aveva la responsabilità. E nonostante che non vi fosse ancora in essere la legge sui «furbetti del cartellino» venne licenziata. Poi però era riuscita ad andare in pensione con meno anni di servizio e meno assegno pensionistico. L’ammanco si era verificato all’Anagrafe di Narni Scalo dove Rita Graziano aveva prestato servizio per anni. L’ex dipendente si era anche rivolta ad un avvocato ritenendo il licenziamento ingiusto, non ritenendosi lei la responsabile del presunto ammanco. La causa davanti al Tribunale del lavoro aveva avuto però un esito non previsto: Rita Graziano era stata reintegrata nel proprio posto di lavoro e non dovrà nemmeno pagare i ventottomila euro che le erano stati addebitati per il lievitare delle somme e per il sostenere le spese legali. Per lei sono pronti anche gli arretrati per il lavoro non svolto anche se non è ben chiaro sino a quando per il fatto che essendo andata in pensione avrebbe diritto a poco. La signora Graziano aveva anche avuto un contraccolpo psicologico per la drastica interruzione del rapporto di lavoro. La quantificazione del dovuto comunque avverrà quanto prima.
Non è ancora chiaro se il comune voglia presentare un ricorso oppure andare ad una transazione per non riaprire una vicenda che comunque non vedrebbe nuovamente impiegata Rita Graziano. Si potrebbe anche prospettare una «buonuscita» per evitare di riprendere in mano le carte. Perché assolta? Si potrebbe dire semplificando che non v’è un elemento assoluto che riconduca a lei la mancanza dei soldi nelle casse dell’’anagrafe di Narni Scalo. Insomma come dice la sentenza non c’è traccia della «alterazione del registro dei diritti da parte della lavoratrice rispetto alle pratiche realmente evase, né quindi del versamento da parte della stessa di una somma minore nelle casse dell’ente.



 
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