Questo Pd rischia
di essere impreparato,
attrezziamoci: tre proposte

La deputata Pd Anna Ascani
di Anna Ascani
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Sabato 22 Luglio 2017, 18:39 - Ultimo aggiornamento: 18:41



Ho letto con attenzione l’intervista al segretario Leonelli e credo sia utile far seguire qualche riflessione alle sollecitazioni che di lì sono venute. Qualche riflessione e tre proposte. Una premessa: viviamo una fase particolare, in cui la bontà delle politiche non sempre determina un giudizio positivo sulle amministrazioni e tanto meno sui partiti. Rivendichiamo risultati su edilizia scolastica, gestione delle emergenze, investimenti in cultura e turismo e ci troviamo per risposta sollecitazioni di tutt’altro tipo: il treno che non c’è o la strada piena di buche.
Lamentarsi del fatto che gli elettori non attribuiscano il giusto valore a quello che si fa non è solo inutile: è dannoso. Quando si perde, anche se sentirlo dire non ci piace, non è mai colpa degli elettori. Questo vale in tutta Italia e anche in Umbria. Giacomo ha parlato di un senso di abbandono dopo la sconfitta di Todi e credo abbia ragione: come dissi dopo quella di Perugia, in circostanze molto diverse, di certo la colpa non si può dare al solo candidato o al segretario. Semplicemente, come gruppo dirigente, nessuno escluso, non siamo stati all’altezza. Invocare altre motivazioni può aiutare ad alleviare le nostre responsabilità, ma non ci aiuterà ad invertire la rotta. In questo senso occorre trovare la forza di rompere con gli schemi del passato, indicare nuove strade da percorrere e dare al Pd umbro nuovi volti in cui la gente possa riconoscersi. Anche perché le sfide dei prossimi anni sono molte e impegnative: le elezioni politiche, il rinnovo di moltissime amministrazioni locali e le elezioni regionali del 2020. Tre passaggi che vanno tenuti insieme, rispetto ai quali non siamo preparati. In particolare la mia generazione, quella dei trenta-quarantenni, non è preparata. Abbiamo tantissimi giovani amministratori che stanno facendo molto bene nei propri comuni, ma non siamo una squadra. Alcuni si riconoscono in correnti regionali ben definite, altri oscillano per non trovarsi incastrati nelle fasi di scontro più aspre. C’è da capirli: per almeno vent’anni in Umbria le cose hanno funzionato in questo modo, con un tacito passaggio di testimone tra le generazioni. Qualcosa si è rotto, però: quel passaggio spesso non avviene e, soprattutto, gli elettori non hanno nessuna voglia di aspettarlo. Chiedono piuttosto, insieme, esperienza e capacità di innovare. È chiaro che l’unica risposta possibile per un partito come il nostro è la formazione: per essere trentenni esperti e pronti a governare e al tempo stesso non usurati dai meccanismi della politica, bisogna avere la possibilità di formarsi, di studiare, di crescere. La mia prima proposta per i prossimi mesi è, quindi, strutturare una scuola di formazione del partito umbro su due livelli, uno per chi è già amministratore e ha bisogno di fare rete, condividere problemi e soluzioni, fuori dalle logiche di corrente - e uno per i nostri elettori più giovani, anche quelli che magari non hanno la tessera ma sono interessati a momenti formativi extra scolastici o extra accademici. Ho parlato delle sfide che ci attendono nei prossimi anni e una in particolare credo debba occupare i pensieri dei dirigenti del nostro partito: le quattro più grandi città della nostra regione saranno presto chiamate a rinnovare i propri vertici. Due di queste sono governate dal centro destra, Terni attraversa una fase politica drammatica. Ci giochiamo il tutto per tutto in pochi mesi. Penso che competa a noi individuare subito un percorso chiaro per la scelta dei candidati, così da costruire i progetti per le città in un clima meno teso. Tradotto: alla solita teoria per cui prima si fanno i programmi e poi si scelgono i candidati, io vorrei contrapporre quella opposta. Gli elettori, da quando è stata introdotta l’elezione diretta, hanno imparato a scegliere più il sindaco che il programma. La mia proposta, per mantenere al centro le idee, è quindi questa: facciamo i congressi e, subito dopo, scegliamo i candidati.

Per cominciare poi una lunga campagna elettorale fatta di condivisione, presenza capillare, ascolto. Certo, la presenza va ripensata e riorganizzata. Abbiamo bisogno di darci una struttura, mettendo a sistema la militanza fisica e quella online, che coesistono in Umbria come in tutto il territorio nazionale. Esempio sciocco: abbiamo un sacco di gruppi WhatsApp nei quali ci scambiamo notizie e opinioni, ma non abbiamo reti che appartengano non a una corrente, ma a tutti, e che ci aiutino a diffondere e dare rilievo sui social all’operato dei nostri amministratori o alle prese di posizione laddove non governiamo. A livello nazionale ce ne stiamo dotando, ma perché dobbiamo aspettare che ci venga un modello dall’alto? Facciamo dell’Umbria un laboratorio. Non solo virtuale, ma anche fisico: a che servono i circoli? A eleggere un segretario o a fare da tramite tra i problemi concreti di un quartiere e le soluzioni possibili a tutti i livelli? A dare un palcoscenico a un parlamentare che parla di scuola o a confrontarsi sui problemi e sui punti di forza della scuola di quel territorio? Io credo la seconda e credo anche che, dove i circoli sono diventati solo la prima delle due cose, tanto per dar sfogo alle correnti, bisogna avere il coraggio di chiuderli o accorparli. Questa è la mia terza proposta. Formazione, territori, organizzazione. Questo il mio contributo affinché il Pd diventi la squadra che finora non è stata. E che, se vuol vincere le prossime sfide, deve essere.

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