Congresso Pd, il senatore Rossi
«Pardini è l'uomo giusto per ridare
al partito il ruolo che ha perso»

Il senatore Gianluca Rossi
di Sergio Capotosti
3 Minuti di Lettura
Lunedì 9 Ottobre 2017, 22:02 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 20:32
Il colloquio finisce con una battuta. Senatore, dicono che il segretario si deciderà nel circolo di Cospea. Può essere vero? «Se fosse così, vuol dire che si sa già chi ha vinto», risponde con il sorriso, scherzando sul peso di Cospea, «tipo l’Ohio per il presidente americano». Battute a parte, l’incontro in via Mazzini con il senatore del Pd, Gianluca Rossi, inizia comunque nel segno degli iscritti. «I congressi si vincono così», dice sfogliando l’elenco del popolo del Pd che a partire da venerdì inizierà a discutere e votare le mozioni. «In provincia ci sono 424 nuovi iscritti nel 2017, che si sommano ai 3.681 del 2016. Per Terni, ai 1.672 dello scorso anno si aggiungono 242 nuovi tesserati», comunica il senatore Rossi. Basterebbe questo per far capire che il senatore del Pd, ex segretario comunale dei Ds, sta lavorando pancia a terra per sostenere la candidatura del cardiochirurgo Alessandro Pardini a segretario comunale dei Dem.

«Risponde alle esigenze di aprire una nuova fase di rapporto con la città», dice riferendosi a Pardini, ex senatore dell’Ulivo. «Anche le altre mozioni - fa notare Rossi - fanno riferimento a questa esigenza di ricostruire un legame con la città, ma si fermano all’enunciazione di principi senza dare un nome». Ma il nome di Pardini non piace perché catapultato dall’alto. «Se ancora si ragiona tra figure interne ed esterne - osserva Rossi - si evidenzia un limite, che di fatto contraddice anche l’idea di volere un Pd aperto alla società civile». Rispetto alle frecciate arrivate nei giorni scorsi, dal consigliere comunale Saverio Lamanna e dal sindaco di San Gemini Leonardo Grimani (sostenitori della mozione “Adesso il Pd per Terni”), Rossi chiude così la faccenda: «schermaglie congressuali che ci possono stare». Comunque l’indice puntato dal sindaco Grimani contro «i ruoli apicali che fanno finta di niente» non è passato inosservato. «È proprio perché non voglio fare finta di niente che ho individuato in Pardini un ponte per riunire Pd e città», dice Rossi. Ma come si è arrivati a paragonare il partito democratico a un paziente ricoverato in rianimazione? «Tanto per cominciare gli ultimi otto anni sono stati segnati da un crisi economica senza precedenti», è la premessa generale. Nel dettaglio, il senatore si concentra su un errore strategico fatto dal Pd: «La totale sovrapposizione del partito con le istituzioni, via Mazzini è stata trasferita in piazza Ridolfi». «L’Agone politico è diventato Palazzo Spada e il partito non vive più di luce sua. Così facendo si è creato un doppio danno, sia al Comune che al partito». Non a caso il senatore cita il piano di riequilibrio come esempio. «Una faccenda amministrativa è diventata una questione ossessiva: la madre di tutte le battaglie. Il partito doveva fare in modo che ciò non accadesse». In maggioranza però si è discusso sulla strada da prendere. «Vero, ma la partita si poteva chiudere prima». Come, accedendo al fondo di rotazione? «Era una delle soluzioni», dice Rossi. Ma poi le tasse sarebbero schizzate alla stelle, mossa che un politico cerca sempre di evitare. Non crede? «Tutto dipende da come le questioni vengono spiegate e comunicate», dice Rossi. Come nel caso di Pardini. «Ci stupirà favorevolmente», conclude Rossi prima di chiudere la chiacchierata con la battuta su Cospea a l’Ohio.