La Gestervit aveva effettuato lavori di manutenzione sul pozzo San Valentino, da cui emunge acqua per il funzionamento delle Terme Salus. Il direttore di miniera, Giuseppe Pagano, se ne era accorto e aveva avvertito Regione e comune perché quei lavori non li aveva autorizzati nessuno, quindi ha immediatamente intimato l’alt. Per di più era stato alterato il delicatissimo equilibrio del bacino: il Bullicame risultava infatti prosciugato. Funzionari della Regione e polizia locale nei giorni successivi hanno constatato che quell’ordine non era stato affatto rispettato, anzi: si andava avanti tranquillamente con l’installazione di una pompa elettrica. C’era perfino pericolo per la presenza di gas (anidride carbonica ed acido solfidrico) all’interno della bocca pozzo, dove si stavano proseguendo i lavori.
Da qui l’atto del sindaco Leonardo Michelini, che il 2 dicembre 2014 ha ordinato «l’immediata sospensione degli emungimenti dal pozzo San Valentino, la chiusura dello stesso mediante flangia bullonata, l’esecuzione di lavori di recinzione e interdizione dell’area circostante, nonché la chiusura del pozzo e l’isolamento della falda con esecuzione di lavori in danno». Ovvero, doveva pagare la Gestervit. Al Bullicame l’acqua è poi arrivata con un tubo, insufficiente ad alimentare le pozze, da cui emungono pure le Terme dei Papi. Quindi ora il sito citato da Dante nella Divina Commedia vive il suo personalissimo inferno.
Tornando all’ordinanza: la Gestervit ha fatto ricorso. Il comune nel frattempo ha individuato un altro pozzo, nei pressi di quello "incriminato", da cui far prendere l’acqua alle Salus: il Sant’Albino, che però è fuori dalla concessione regionale. C’è dunque bisogno che la Regione autorizzi la richiesta di palazzo dei Priori di rinnovo anticipato e ampliamento della concessione per chiudere il San Valentino, consentire il prosieguo dell'attività dello stabilimento e far tornare il Bullicame al suo antico splendore.
Alla luce di questo il comune aveva chiesto l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse. La Gestervit invece «ha insistito per l’accoglimento nel merito del ricorso, con conseguente annullamento dell’ordinanza». Al contrario, il Tar ha stabilito che «tanto la Regione quanto il Comune hanno valutato che i lavori abusivi, la cui entità ed effetti non potevano essere stati preventivamente valutati, avevano compromesso il sistema idrogeologico delle acque sotterranee e avevano legittimamente ritenuto che l’interesse primario da salvaguardare fosse quello di evitare il peggioramento della situazione e la sua compromissione definitiva». E adesso con la sentenza il futuro è tutto da scrivere.
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