Lavori al teatro Unione, Cervo (I Quartieri dell'arte): «Ecco tutto quello che non va»

L'interno del teatro Unione a Viterbo
di Massimo Chiaravalli
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Sabato 22 Luglio 2017, 18:36
«L’Unione? È come una macchina senza il serbatoio». Non è una critica fine a se stessa, quella di Gianmaria Cervo, direttore artistico de I Quartieri dell’arte. No, ci sono tutti i dettagli tecnici su ciò che nei lavori è stato fatto male o – peggio – proprio non è stato fatto. Tanto da fargli sentire «puzza di superprovincia: roba che non si vede neanche nei teatri parrocchiali. È incredibile e surreale».

Cervo è invece uno che ha girato quelli più importanti: Milano, Berlino, Vienna. I suoi spettacoli sono rappresentati in America, Asia ed Europa. Insieme al baritono Alfonso Antoniozzi, all’attore Paolo Manganiello e ad alcuni consiglieri di opposizione, ha visitato l’interno dell’Unione, trovando una serie di criticità che lasciano a bocca aperta. Partiamo dalla graticcia, ovvero quella «grata fatta di legno o ferro, dove si dovrebbero appendere rocchetti e carrucole su cui far scorrere le corde che sorreggono le americane, barre dove si applicano luci e sipari». Ebbene, la graticcia «è completamente sprovvista di tutto». C’è di peggio. «Pare che ciò che manca non sia contemplato in nessuno degli stralci dei lavori. Oltretutto, anche se ci fosse, la prima americana non potrebbe essere abbassata, perché andrebbe a sbattere sui dispositivi antincendio. Che quindi vanno staccati e riattaccati da un’altra parte».

Ancora: le stuccature in certi punti non sono state fatte, con alcuni palchetti che risultano ancora rovinati. «E dove ci sono, manca la ritinteggiatura». Tutto qui? No. «Non c’è un impianto di chiamata nei camerini: come nell’800 bisogna andare sù e chiamare l’attore. E manca anche quello che consente di capire a che punto è l’opera. Parliamo poi dell’arlecchino: è quella fascia di stoffa posta sopra il sipario. Deve essere lunga almeno il doppio, altrimenti le americane risultano a vista. E questa dovrebbe essere una scelta del regista, a seconda dello spettacolo, non può essere obbligata». Infine, mancano pure «un parco luci e una quadratura neri, cioè quinte e fondali che una compagnia potrebbe richiedere».

La conclusione è amarissima. «Tutto questo – continua - è segno di dabbenaggine, si va incontro a spese che saranno molto più elevate se si vuole fare uno spettacolo. Una cosa che non ho mai visto da nessun’altra parte, è surreale. Non posso dire neanche che sia parrocchiale: è oltre. È il risultato di chi evidentemente non ha mai frequentato un teatro. Non si può non riconoscere all’Unione la pietà e la dignità che merita, e gli arredi aggiungono avvilimento ad avvilimento». Per sistemare la situazione potrebbero bastare circa 80 mila euro. «Ma se ne hanno stanziati solo 50 mila per farlo gestire all’Atcl…».
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