Ilva, ecco il piano per la ripartenza. I grandi clienti: «Siamo pronti a comprare acciaio»

Riunione al ministero per censire il fabbisogno siderurgico del sistema-Paese e calibrare l’aumento produttivo di Adi

Un'immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013. ANSA / CIRO FUSCO
di Giusy Franzese
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Venerdì 17 Maggio 2024, 08:00

La domanda c’è, il mercato è pronto a riaprire le porte all’acciaio prodotto negli stabilimenti ex Ilva, di Taranto ma non solo. Un prodotto che si è sempre distinto per la sua qualità. I commissari straordinari di Acciaierie d’Italia sono usciti rinfrancati dalla riunione che si è tenuta ieri al Mimit, alla presenza del ministro Urso, con una ventina di clienti principali del siderurgico. Hanno mandato i loro vertici aziende del calibro di Marcegaglia, Fincantieri, Arvedi, Eurosider, Stellantis, Duferco, Leonardo, Salini-Webuild, Fs. E ancora, tra gli altri, Lampre, Padana Tubi Profilati acciaio, Ferriera Valsider, Assofermet, Gabrielli, Commit. E anche l’Anfia, l’associazione nazionale della filiera automobilistica. Una riunione «cruciale per la pianificazione delle attività» - dicono al Mimit - nell'ambito del piano di ripartenza e di rilancio del gruppo siderurgico messo a punto dai commissari straordinari. Quel piano che dovrebbe riportare l’ex Ilva ad alzare i livelli produttivi a 6 milioni di tonnellate annue entro fine 2025 dagli attuali 1,3.

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LE SFIDE

«Lo sforzo che sta facendo il governo italiano e quello di far tornare Taranto l'acciaieria più rilevante in Europa, capace di soddisfare innanzi tutto le necessità relative ai consumi interni.

Un progetto di acciaio a chilometro zero per il sistema Paese» ha spiegato il ministro Urso. La sfida è quella di rimettere in marcia il siderurgico, riattivare le forniture di materie prime, avviare un piano di mille interventi di manutenzione sugli impianti, così da dimostrare ai potenziali investitori («che già dalla prossima settimana cominceranno a visitare gli impianti» come ha ricordato il ministro ) che Taranto non è più un pozzo senza fondo di soldi, ma che si può tornare ad un equilibrio finanziario e a macinare utili. Che le quote di mercato perse possono essere recuperate. Che nel prossimo futuro non capiterà più quanto accaduto con la gestione ArcelorMittal, quando ad esempio il siderurgico non riuscì a produrre nei tempi concordati l’ordine avuto dalla Fincantieri tanto da dover poi pagare le penali da contratto. Il piano industriale messo a punto dai commissari - è stato assicurato ieri - «punta ad efficientare notevolmente i processi, abbattere i costi e consegnare il nostro acciaio con tempi estremamente ridotti».

D’altronde comprare acciaio a Taranto e non farlo arrivare da India e Cina, è un vantaggio per le grandi aziende italiane. Accorciare le catene di fornitura è una delle principali consapevolezze maturate dal sistema industriale a seguito delle guerre alle porte dell’Europa, a cominciare da quella scatenata dalla Russia in Ucraina.

E poi c’è la qualità dell’acciaio. Ieri il commissario Giancarlo Quaranta lo ha assicurato ai grandi clienti: sarà acciaio «pregiato»: «Taranto rimarrà l’unico sito a livello nazionale che consentirà al sistema paese di produrre acciaio non da rottame, quindi pregiato per alcuni settori produttivi importanti come l’auto e la cantieristica navale. La scommessa sarà quella di utilizzare forni elettrici alimentati, grazie alle nuove tecnologie, da minerale ma con procedure e caratteristiche diverse rispetto a quelle finora adottate. Un salto tecnologico che ci consentirà di produrre acciaio di qualità».

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