Roma, vendono il pub “UnoDue” ma il locale è senza licenza. Quattro rugbisti a processo

Roma, vendono il pub “UnoDue” ma il locale è senza licenza. Quattro rugbisti a processo
di Giulio Pinco Caracciolo
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Domenica 19 Maggio 2024, 06:05

Quattro imprenditori con l’intenzione di ridare vita al pub di largo del Teatro Valle n.4, pieno centro di Roma, ex ritrovo degli azzurri della nazionale rugby italiana. Inizia così la vicenda che ha portato sul banco degli imputati Salvatore Perugini detto Totò, ex vicepresidente della Federazione Italiana Rugby, Fabio Ongaro, ex rugbista campione d’Italia, accusati di truffa in concorso con Claudio Perruzza, ex segretario della Fir.

È il 2019 quando Perugini e Ongaro, non a caso ex numero uno e numero due della nazionale italiana di rugby, inaugurano il pub “UnoDue”, ora chiuso definitivamente. Un format, già consolidato in altre città italiane, nato dalla loro passione per la cucina. Un successo che però termina verso il mese di dicembre, quando i tre imputati decidono di chiudere e «Salvatore Perugini in qualità di amministratore unico della società PPO Srl, che ha sempre svolto attività di ristorazione in generale - si legge nella querela - accetta la proposta di cessione delle quote della società in concomitanza al rinnovo del contratto di locazione dell’immobile, della licenza e delle autorizzazioni amministrative». Nulla di strano se non fosse per un particolare non proprio insignificante. Sempre secondo l’accusa infatti i tre imputati, il 2 dicembre 2019, avrebbero chiamato in fretta e furia i quattro soci interessati all’acquisto per sottoscrivere il contratto «omettendo di portare a conoscenza dei cessionari - si legge nel capo d’imputazione - che la connessa licenza commerciale di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande non poteva essere utilizzata», benché fosse parte integrante dell’acquisto.

IL RAGGIRO

Apposte le firme e versati assegni e cambiali per un totale di quasi 465mila euro ecco che il 17 dicembre 2019 arriva il fulmine a ciel sereno.

Una pec dal Comune di Roma informa i quattro imprenditori che in sostanza quel locale non è utilizzabile perché «la licenza è oggetto di una controversia pendente - si legge in querela - tra la precedente proprietà e una terza società che ne rivendica la concessione in usufrutto». Un problema non trascurabile al quale, di lì a poco, si è aggiunto anche il lockdown dovuto alla pandemia Covid-19 e il conseguente crollo di tutte le attività imprenditoriali. «Eppure gli imputati erano già stati informati dal Comune di Roma - tuonano gli avvocati della difesa Giuseppe Azzaro, Alessandro Diddi e Pier Gerardo Santoro - perché un dato non trascurabile è il fatto che le vittime sono state invitate a sottoscrivere il contratto di acquisto delle quote sociali della PPO S.r.l. il giorno 2 dicembre 2019, ovvero lo stesso giorno nel quale il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto che la licenza amministrativa non poteva essere utilizzata».

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