Tajani: «Non solo Meloni-Schlein, sfida tv con tutti i leader. Sulla casa l’intesa si trova»

Il vicepremier e ministro degli Esteri: «Non ci sono esponenti di serie A e serie B»

Il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani partecipa a Napoli al pranzo con l'ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, Jannotti Pecci, presidente dell'Unione industriali di Napoli, ed i Cavalieri del...
di Mario Ajello
6 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Maggio 2024, 00:00

Ministro Tajani, oggi lanciate a Roma la campagna elettorale di Forza Italia di cui lei è leader e capolista in 4 circoscrizioni su 5. Poi, lei parteciperà - come Meloni e Schlein fra loro due - a qualche faccia a faccia tivvù?

«Il duello tra Meloni e Schlein va fatto, ma tenendo conto della par condicio. Non ci sono leader di serie A e leader di serie B. E c’è una competizione plurale: alle Europee si vota con il sistema proporzionale. Siccome ogni partito compete con tutti gli altri, va garantito in parti uguali lo spazio televisivo. Sennò si crea uno squilibrio che va contro la legge».

Lei chi vorrebbe sfidare?

«Io credo che sarebbe meglio fare all’americana. Con tutti i leader in scena, così si rispetta la par condicio e lo spirito del sistema elettorale. In questa tornata di votazioni non c’è centrodestra contro centrosinistra, ma uno schema di gara differente: non tra due schieramenti ma tra tanti partiti».

A proposito di partiti: c’è la sensazione che in questo inizio di campagna elettorale si stiano accentuando le divisioni competitive tra i vari leader. Così facendo non rischiate di portarvi le tensioni anche oltre la campagna elettorale, indebolendo la stabilità del governo?

«Non lo vedo questo pericolo. Se lei allude alla questione del superbonus, le faccio notare che si tratta soltanto di diverse sensibilità su un emendamento. Non rintraccio crepe e tantomeno crepe che possano indebolire la stabilità del governo».

Tra lei e Giorgetti però sul superbonus lo scontro c’è.

«Ma perché stressare sempre le parole e drammatizzare situazioni che in politica sono normali? La soluzione si troverà, e noi stiamo lavorando per trovarla.

Forza Italia sostiene il principio che nella nostra civiltà giuridica non esiste la possibilità di fare norme retroattive. È un principio basilare del diritto romano. Non si può applicare un aggravio fiscale a chi ha usufruito del superbonus. Si possono cambiare le regole, ma non retroattivamente. Se si sceglie la retroattività, si fa perdere ai cittadini, agli imprenditori, agli investitori stranieri la fiducia nelle istituzioni. Serve la certezza del diritto, sennò non siamo più credibili».

La tensione però è palpabile, non crede?

«L’importante è essere d’accordo sulla filosofia generale e su questa siamo tutti d’accordo: cioè che si debba contenere la spesa pubblica e che il superbonus ha provocato dei danni. Noi vogliamo soltanto vederci chiaro sulla retroattività. Ne parleremo con le imprese e con le banche prima di prendere qualche decisione».

Divisi pure sulla sugar tax?

«Alla Camera, il 29 dicembre del 2023 abbiamo votato, con il parere positivo del governo, un ordine del giorno che di fatto propone un rinvio della tassa sugli zuccheri. Non capisco perché questo impegno non lo si vuole rispettare. Noi di Forza Italia la pensiamo sempre allo stesso modo: siamo contrari all’imposizione di nuove tasse, perché così non si fa crescere l’economia».

Questa campagna elettorale sta evidenziando che Forza Italia e Lega viaggiano su due binari molto diversi.

«La dialettica rafforza la stabilità del governo».

Servono partiti forti per garantire un governo fattivo. Non crede perciò che ci sia urgenza di rivitalizzarli?

«Io parlo per Forza Italia. E dico che il nostro movimento popolare di massa aveva la fortuna di essere guidato da un leader specialissimo e carismatico. Ora che purtroppo Berlusconi non c’è più, ma il suo pensiero e la sua azione sono le radici del nostro futuro, siamo un’altra cosa. Un partito strutturato e molto attivo sui territori e nelle istituzioni. Sono i partiti veri come Forza Italia, che rappresenta il Ppe in Italia, quelli che muovono la democrazia. Sono questi partiti, come dice la Costituzione, il collegamento tra i cittadini e lo Stato. E sono i partiti - altro che populismo anti-politico, altro che governi tecnici! - i motori del governo e del Parlamento».

Questa sembra una campagna elettorale scarsa di contenuti europei. Come invertire la tendenza?

«Io mi sono candidato proprio per dare sostanza europea e europeista a queste elezioni. L’esperienza sul campo non mi manca: sono l’unico ad aver fatto il presidente del Parlamento europeo, due volte il vicepresidente della Commissione e ora sono membro del Consiglio europeo. Noi abbiamo le idee ben chiare sul da farsi. Occorre far percepire ai cittadini che la nostra vita quotidiana è legatissima a ciò che si decide in Europa, dalla sicurezza al cambiamento climatico (su cui serve pragmatismo e non ideologia) e a tante altre questioni sociali, industriali, agricole sulle quali le forzature green sono controproducenti proprio per la vita delle persone. Le normative europee sulle case sono irrealizzabili perché si traducono in un aggravio finanziario per i proprietari».

La gente rischia di non votare perché l’Europa, vedi sulla guerra in Ucraina, è imbelle e indecisa. Non è l’ora di una svolta?

«Servono la fine dell’unanimità e l’introduzione del voto a maggioranza qualificata. Serve l’elezione diretta del presidente della Commissione Ue che dev’essere anche presidente del Consiglio europeo. Perché la duplicazione che c’è adesso non è utile per un’Europa più forte e quindi più percepibile dai cittadini. Molti dei quali considerano i palazzi di Bruxelles lontani dalle proprie necessità e dominati da burocratiche dettano legge. Perciò, occorre un’altra riforma importante: dare al Parlamento europeo il potere di iniziativa legislativa. Oggi un parlamentare italiano può proporre una legge, invece il parlamentare europeo può soltanto modificare una legge proposta dalla Commissione. Dobbiamo far percepire molto di più la democraticità delle istituzioni Ue. Perché così i cittadini si sentono protagonisti e vanno alle urne».

Quanto teme l’astensione?

«Se la campagna elettorale verrà condotta bene, la partecipazione ci sarà. Io mi sono candidato proprio per rendere veramente europeista questa campagna. Va ricordato a tutti che l’80 per cento delle leggi italiane sono applicazioni di quelle europee. E insomma: Bruxelles si occupa di noi e Bruxelles dobbiamo essere noi».

Sarebbe uno slogan perfetto per farla diventare presidente della Commissione Ue al posto di von der Leyen.

«Come diceva Sandro Pertini: hic manebimus optime. Ovvero: è molto importante per me continuare il lavoro che sto facendo in Italia e in Forza Italia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA