Mario, 70 anni, si è appena addormentato quando lo squillo del cellulare lo sveglia.
È l’Unità di Aritmologia del Policlinico Gemelli di Roma. Mario, assonnato, è sicuro che sia uno sbaglio. Il defibrillatore che gli hanno impiantato tre anni prima proprio al Gemelli per uno scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione, funziona regolarmente e lui si sente bene. Nessun sintomo.
Eppure, gli specialisti, dall’altra parte del telefono lo invitano ad andare subito in ospedale: gli fanno sapere con chiarezza che è in atto un infarto.
Lo scompenso
Mario fa resistenza perché continua a non avvertire dolore al petto e neppure gli altri segnali (che conosce bene) capaci di far scattare in lui l’allarme. «Abbiamo dovuto parlare con la figlia e chiederle di convincerlo - ricorda Gemma Pelargonio, responsabile della UOSD di Aritmologia della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS e docente di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma - diceva che c’era stato un errore. Che stava dormendo senza problemi. Finalmente è arrivato e portato in sala di emodinamica per l’angioplastica». Diagnosi: infarto miocardico acuto, in sede inferiore.
Il defibrillatore impiantabile ha consentito, dunque, di scoprire un infarto acuto a un paziente a rischio di aritmie mortali e di avvertire i cardiologi della centrale di controllo del Policlinico Gemelli. Un sistema in grado di seguire i pazienti a distanza, una volta dimessi. Il loro cuore, una volta impiantati defibrillatori, pacemaker o device per il monitoraggio dello scompenso, è sotto osservazione durante tutta giornata. Ovviamente anche durante il sonno. Gli apparecchi consentono, dunque, di verificare in tempo reale la condizione di salute del muscolo cardiaco e sono in grado di trasmettere i dati richiesti in modalità wireless. I parametri rilevati nei centri di controllo permettono di valutare come il paziente, a rischio scompensi cardiaci, stia e stia reagendo alle cure. Così da permettere in modo tempestivo un eventuale intervento.
Il monitoraggio da remoto salva il paziente
Nel caso di Mario il sistema del defibrillatore ha riconosciuto e interrotto diversi episodi di aritmie potenzialmente letali. Salvando, così, la vita del paziente. «Il monitoraggio da remoto dei parametri rilevati da dispositivi impiantabili - aggiunge la professoressa Pelargonio - rappresenta oggi uno strumento importante nella pratica clinica. Seguiamo centinaia di pazienti. I parametri monitorati da questi device permettono di individuare prontamente problemi di funzionamento del sistema impiantato, ma anche la comparsa di aritmie importanti».
Tutto è accaduto in una manciata di ore. Alla centrale di controllo arrivano i segnali dall’apparecchio del paziente, Linda Fusco, una dei tecnici dedicati al monitoraggio da remoto, allerta il cardiologo. Il paziente viene chiamato. Prima la coronarografia che evidenzia un’occlusione acuta dell’arteria coronarica e poi l’angioplastica per ripristinare, appunto, il flusso sanguigno.
I benefici per il paziente
«Questo caso – spiega il dottor Gianluigi Bencardino, UOSD di Aritmologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, docente a contratto di Cardiologia dell’Università Cattolica - dimostra come questo monitoraggio offra un ampio spettro di benefici per il paziente. Anche la possibilità di diagnosticare e trattare in maniera tempestiva un infarto miocardico acuto».
«Per strutture ad elevato flusso di pazienti come la nostra - commenta il professor Francesco Burzotta, direttore della UOC di Cardiologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Associato di Cardiologia all’università Cattolica - poterli seguire anche a distanza, consente di evitare tante visite ambulatoriali inutili, risparmiando spostamenti e giornate lavorative perse e allo stesso tempo, abbreviando i tempi d’attesa per altri pazienti che hanno bisogno di valutazioni ambulatoriali o di ricovero». La storia di Mario è diventata una pubblicazione scientifica del British Medical Journal Case Reports.