​Luigi Zoja

Se la violenza surroga il desiderio

di ​Luigi Zoja
5 Minuti di Lettura
Martedì 21 Maggio 2024, 00:44

La società liberale dell’Occidente permette quasi completamente la “libertà negativa”: nella definizione di Berlin, il suo esercizio non è impedito. Purtroppo, la società del XXI Secolo porta progressivamente più lontani da quella che chiamava “libertà positiva”: la capacità di usarla, quando siamo stati liberati. Gli umani non sono molto diversi dagli animali vissuti in gabbia, dopo che è stata loro aperta la porta: non sanno dove andare e spesso, senza rendersene conto, tornano in prigionia.


Osserviamo la sessualità, che in parte coincide con la riproduttività; e in parte col problema oggi correttamente chiamato di genere, anziché di sesso. Il dibattito fra le istituzioni europee e alcuni paesi critici (includenti l’Italia) non è tormentato solo dai fatti (ripartizione delle risorse economiche) ma anche da formule verbali quasi anti-definitorie. Oggi, anche i reazionari più fanatici non si sognerebbero di togliere il diritto di voto né alle donne, né alle “minoranze sessuali”. Ma queste ultime rischiano aspettative velleitarie: non a caso la loro denominazione continua ad allungarsi. Bruxelles chiede ai paesi membri di impedire la discriminazione di LGBTQIA+. La Presidente del Parlamento Europeo la sintetizza come libertà di vivere come si vuole, di amare chi si vuole ma anche di “essere” chi si vuole essere: un assolutismo poco trasferibile nella realtà. 


La libertà sessuale si è affermata nel novecento, con le scoperte di Freud: solo dopo di lui si riconosce che perfino i bambini hanno istinti sessuali. Perfino le donne, la cui funzione - si riteneva prevalentemente - doveva limitarsi alla riproduzione. Oggi Freud è incluso nella cultura: in linea di principio (nei fatti, non sempre) accettiamo che nascondere le verità della riproduzione umana - o addirittura sgridare i figli quando chiedono “come nascono i bambini” - renda nevrotici e sessualmente disturbati. Dopo Freud, l’Occidente ha incorporato anche Jung: per il quale la guarigione dalla nevrosi corrisponde non solo allo sciogliere i nodi della sessualità, ma richiede anche di non entrare in contraddizione con se stessi. Di divenire quel che si è realizzando una “libertà positiva”, che Jung chiama individuazione: raggiungibile attraverso le regole della società, non in opposizione ad essa.


Le libertà individuali riguardanti la sessualità sono un cammino sempre in corso, inseparabile dalla politica, ma anche dalla psicologia e dall’antropologia. Il “diritto” alla sessualità è sempre più scontato. Nel “fatto”, invece, già Freud notava che la sua soddisfazione (fisica e psichica) era più l’eccezione che la regola: persino fra gli uomini, malgrado ai suoi tempi fossero abissalmente favoriti rispetto alle donne. In seguito, incorporando sempre più Jung e l’attenzione all’individuo, si cancellò l’omosessualità dalle forme patologiche (1973). I dibattiti fra Bruxelles e i populisti possono corrispondere a falsi problemi. Alla politica si richiede di correggere certe inuguaglianze eccessive: non quelle che derivano dalla natura. Lo sport è stato creato per consentire uno sfogo di rivalità non cruento. Le femmine sono separate dai maschi per evitare che questi prevalegano utilizzando la loro muscolatura superiore. L’accettazione crescente della omosessualità, non ha creato in sé un ostacolo: chi è biologicamente uomo o donna continua a gareggiare nella rispettiva categoria.

Diverso il problema della trans-sessualità.

Chi, in seguito a interventi ormonali o chirurgici, è “transitato” da uomo a donna, anche quando registrato all’anagrafe come femmina da leggi che lo consentono, viene per lo più rifiutato dalle colleghe della stessa specialità, perché conserva una maggiore massa muscolare. Consideriamo un problema riguardante la Terra intera. Le funzioni sessuali e di escrezione sono collegate dall’anatomia. Quindi, malgrado le sterminate differenze di cultura, dappertutto si separano docce e bagni pubblici in maschili e femminili. La libertà di “sentirsi” appartenenti al genere opposto a quello assegnato dalla nascita trova nelle toilette un limite: il rifiuto del proprio “genere di nascita” va temporaneamente sospeso in favore dell’uniformarsi, per non creare scandali. Questa separazione conferma la “semplificazione binaria”, che oggi contrasta con la spinta a permettere la “fluidità” di esprimere un’alternativa personale.

La società funziona per aggiustamenti empirici, che si oppongono al liberalismo assoluto in nome di norme più generalizzabili. Corrisponde al pragmatismo che gli economisti praticano per attenuare gli eccessi del “liberismo selvaggio”. Nel dibattito astratto, si rischia di dimenticare il maggiore, ineliminabile squilibrio naturale tra maschi e femmine. L’evoluzione ha assicurato la continuità della specie attraverso questa differenza. La loro capacità riproduttiva è ben diversa. Anche la donna più fertile ha un potenziale limitato ad alcune centinaia di cicli nell’intera vita, mentre nel maschio la possibilità di fecondare è infinitamente più alta: in teoria può produrre seme (che contiene infiniti spermatozoi) diverse volte al giorno e senza limiti di età. L’istinto sessuale femminile è sottoposto a ciclicità: per esempio, con la gravidanza le energie si concentrano sulla crescita del nascituro. L’uomo ha invece una pulsione semplice, programmata per fecondare il più possibile. La diversità naturale gli assegna quel compito monotono che nutre il racconto umano sia tragico (gli amori impossibili) sia comico (le fissazioni maschili).

Dal punto di vista che ci riguarda, questo squilibrio degli istinti si aggiunge a quello muscolare e nutre il dibattito moderno. Se nelle Università americane si sono introdotti i formulari per certificare il consenso degli incontri sessuali, questo deriva dalla diversità anche fisiologica che impedisce di mettere uomo e donna sullo stesso piano. Le femministe e le autorità vogliono combattere gli abusi maschili, non femminili. La violenza sessuale è sostanzialmente un crimine maschile: il che, ovviamente, non significa attribuire una automatica innocenza alla donna. L’Occidente ha ottenuto il massimo di “libertà negative” ma sembra allontanarsi dall’essere libero. Proprio la sessualità permette di verificarlo. Tutti i dati dicono che la libera pratica del sesso è in continua diminuzione. La violenza – la sessualità non consensuale – pare invece in aumento. I diritti sono stati ottenuti. La responsabilità individuale, promossa da Jung e da Berlin, sembra però sfuggire più lontano.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA