I conti non tornano. Ecco perché tutti cercano introiti: sotto l’aspetto sportivo fa gola la qualificazione alla Champions League (Inter e Juventus, l’anno prossimo giocheranno pure il Mondiale per Club che dovrebbe garantire una cinquantina di milioni) o alle coppe europee in generale, che portano ovviamente un maggiore impegno degli sponsor e pure maggiori ricavi al botteghino. Ma non è solo questo, perché si passa dal marketing per finire ad accordi commerciali di vario genere e tipo. Ormai non ci si stupisce più se una squadra fa amichevoli in mezzo alla stagione in Arabia Saudita (vedi la Roma) oppure se il Milan, sempre con i giallorossi, alla fine del campionato andrà a giocare in Australia prima del rompete le righe. E il motivo non è difficile intuirlo. I numeri dei bilanci venuti fuori alla fine della scorsa stagione sono straordinari al contrario (nonostante ci sia comunque un miglioramento in confronto all’anno precedente) con un indebitamento lordo delle prime otto squadre di Serie A che tocca i 3,3 miliardi di euro. In diminuzione (0,6%) rispetto al 2022, ma pur sempre una cifra che, a leggerla così, fa un discreto effetto. Sappiamo benissimo come questo sia un parametro oggettivo, che non sposterebbe gli equilibri se i ricavi andassero di pari passo. Ma questi ultimi hanno il freno a mano tirato. Con la tagliola del Fair Play Finanziario che non permette di fare chissà quali pensieri sul mercato e blocca gli innesti che potrebbero in qualche modo far aumentare la voglia di comprare una maglia o di andare allo stadio. I tempi di Cristiano Ronaldo sono finiti.
DETTAGLIO
Dicevamo: alcune società nel prossimo esercizio finanziario vedranno comunque migliorati i propri conti.
FUORI CONTROLLO
Se il Governo quindi vorrebbe “invadere” il campo, impaurendo presidenti e facendo accendere i riflettori di Fifa e Uefa che, nella peggiore delle ipotesi potrebbero prendere delle decisioni di esclusione (ultime minacce alla Spagna) perché ogni Federazione deve essere in tutto e per tutto autonoma, c’è da dire che il debito totale del calcio professionistico in Italia alla fine dello scorso esercizio commerciale si aggirava intorno al 5,6 miliardi di euro. Le chiusure nel periodo Covid hanno sicuramente influito, perché sotto la voce perdite relative ai biglietti c’è una cifra stimata in 548 milioni di euro in Italia. Meno degli altri top campionati europei che, però, hanno maggior appeal (soprattutto la Premier) per le televisioni. E sono proprio questi diritti gli introiti, gli unici sicuri, sui quali ogni anno si possono fare i conti.