Lavora in campagna e medita, il filosofo-contadino contro la cultura cittadina

Donato De Francesco, 92 anni, ha finito la sesta edizione di un nuovo libro sui mail delle modernità. E' stato sindaco di Sant'Eusanio del Sangro

Il filosofo-contadino Donato De Francesco con la moglie, Graziella, nella loro casa di Sant'Eusanio del Sangro
di Paolo Martocchia
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Martedì 30 Gennaio 2024, 10:51

Donato De Francesco, 93 anni, chietino di Sant'Eusanio del Sangro, il filosofo-contadino assurto alle cronache nazionali per la sua battaglia contro la «Ragione», non demorde, e rilancia. È pronta la sesta edizione di un nuovo libro - al momento già sotto osservazione di una nota casa editrice - che si preannuncia ricco di ulteriori invettive contro la ragione, quella che ha portato alla edificazione della cultura cittadina, «una cultura malata», la quale ha spazzato via la cultura contadina, la vera cultura sana, che l’umanità ha edificato nei millenni. Epigono del tradizionalismo cattolico contadino, capostipite bastian contrario contro una società «inautentica» e falsata in ogni aspetto della vita sociale, ultimo narratore di quell’Abruzzo contadino che prese le forme dall’intervista che realizzò egli stesso ad Antonio Angelucci (ZI 'Ntonie, 24 mila visualizzazioni su YouTube) oggi De Francesco – già sindaco del suo paese – lavora in campagna e medita. E scrive, mettendo nero su bianco le contrapposizioni di quel mondo a quello attuale, esattamente da quando compì 40 anni, quando un evento provvidenzialmente traumatico lo ha riportato alla fede cattolica: pura, integrale e antimoderna. Il volume, dal titolo «Disavventure di un “Fiorellino di campo” divelto e trapiantato in un Monumentale Giardino», si avvale della prefazione di Paolo De Lucia, filosofo abruzzese in forza alla Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova: «Paradossalmente – sottolinea De Lucia – il carattere inattuale dell’opera di De Francesco non la rende anacronistica, ma la rende quanto mai indispensabile, in un terzo millennio che è iniziato con nubi così fosche».

Il «male assoluto» da cui tutto il mondo è pervaso ha, come epicentro la cultura laico-razionale, nata nella città che non è altro che un «focolaio cancerogeno» che ha soppiantato prima quel mondo contadino «in cui tutti vivevano dignitosamente» e oggi divora quelle «parti relativamente sane della società».

Una città divenuta «folla delle solitudini, mentre le comunità agro-pastorali di un tempo rappresentavano la comunione delle differenze». «Osano ancora chiamare civiltà il prodotto di una cultura che, attraverso i secoli, ha scatenato guerre distruttive e genocidi di milioni di esseri umani», sentenzia De Francesco, secondo cui il tempo dovrà pur indurre l’uomo al riconoscimento dei tanti errori commessi: «È facile prevedere che l’industria entrerà in crisi per sovrapproduzione di oggetti in gran parte superflui, nonché per la forsennata dilapidazione delle risorse energetiche carpite alla natura. I padroni del vapore saranno costretti a licenziare senza misericordia gli ex contadini che non gli saranno più utili». 

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