«Non ho elementi – ha spiegato ieri - per accusare i miei parenti. Non posso credere o immaginare che dietro vi sia la mia famiglia. L'unica cosa che chiedo loro è di farsi sentire con i carabinieri per fare chiarezza sull'intera vicenda». A chi le chiede se il fratello o il nipote l'hanno chiamata dopo tutto quello che è successo, risponde di non poterlo escludere. «Ho ricevuto – spiega – due telefonate con il numero nascosto a cui non ho risposto. Loro di solito chiamano in quel modo. Quindi è probabile». Poi torna chiedere a tutti aiuto per scoprire la verità sulla morte del figlio, ribadendo che da parte sua, del marito e dei figli non c'è alcun sentimento di vendetta. “Vogliamo solo capire. Di qui la fiaccolata che abbiamo organizzato per domenica”. Sul fronte indagini vanno avanti serrati gli accertamenti da parte sia del Ris che dei carabinieri del nucleo operativo-investigativo. Si spera che elementi utili possano arrivare dalle analisi delle impronte trovate nelle auto ispezionate sino ad ora. Ossia la Fiat 500 di Alessandro, i due suv in uso al cugino Gaetano e la Opel Meriva, appartenente ad un tassista con piccoli precedenti, distrutta dalle fiamme insieme ad uno scooter e al portone di una abitazione, in zona Colli il 7 marzo, dunque il giorno prima del ritrovamento del corpo senza vita del ragazzo. Auto molto simile alla macchina che si vede da alcune telecamere del centro seguire la Fiat 500, proprio come se la stesse scortando. Un punto interrogativo. Per capire se ha a che fare o meno con il delitto, fondamentale sarà la comparazione dell'impronta degli pneumatici della vettura con le tracce di auto trovate a fosso Vallelunga, vicino al corpo di Alessandro.
In attesa dei risultati delle analisi del Ris, tutte le piste vengono battute anche se due sono quelle su cui si concentrano le attenzioni degli investigatori. E quindi la faida familiare e il giro pericoloso di amicizie della vittima. I carabinieri stanno ricostruendo proprie queste frequentazioni, da cui si smarca Luca Gargivolo, collaboratore di giustizia nell'ambito dell'operazione “Ellenika”, il quale anche tramite il suo avvocato precisa di non aver mai conosciuto Alessandro, facendo presente di essere ormai lontano da Pescara dal 2013, “data in cui ha interrotto qualsunque tipo di collegamenti con gli ambienti criminosi”.
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