Il passato racconta/ Il castello di Balsorano, un gioiello
abruzzese tra storia e leggenda

Uno dei manieri più belli della regione

Il castello di Balsorano
di Marianna D'Ovidio
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Mercoledì 27 Marzo 2024, 14:29

L'AQUILA Abbarbicato su un costone di roccia e circondato da alberi frondosi, il castello di Balsorano può essere annoverato tra i manieri più rappresentativi e suggestivi d’Abruzzo. Fu ricostruito per volere di Antonio Piccolomini, conte di Celano, a partire nella seconda metà del 400 inglobando un antico edificio precedente del 1234. La posizione di altura conferisce alla struttura la possibilità di scrutare il territorio circostante e soprattutto assumere il ruolo di baluardo a protezione della Valle Roveto e della Valle del Liri. Quest’ultima deriva la propria etimologia da uno degli elementi costitutivi del luogo, ossia l’attraversamento del fiume Liri. Balsorano, invece, trae la propria denominazione dalla sua posizione di accesso alla Vallis Sorana, toponimo dalla cui corruzione deriverebbe Balsorano e in cui il termine Sorana si riferisce alla non lontana città di Sora. Secondo altre interpretazioni, poco verosimili, il toponimo potrebbe derivare anche da “balzo (braccio) del grano” poiché lo stemma della città reca un braccio che tiene una spiga di grano, ma questa soluzione ci sembra un po' troppo farraginosa.

Antonio Piccolomini, che ricostruì il castello, fu conte di Celano, feudo presso cui ricadeva Balsorano, e ottenne il possedimento direttamente dagli aragonesi nel lontano 1463. Negli anni precedenti, infatti, una intrigata faida familiare riguardante una lunga lotta tra madre e figlio per il possesso dell’eredità aveva interessato la contea di Celano e la dinastia dei Berardi. Ruggerotto, figlio della contessa Jacovella di Celano, morto il padre prematuramente, ingaggiò un’aspra contesa contro la madre: la controversia fu tale che il giovane rampollo tenne addirittura prigioniera Jacovella in uno dei castelli di loro proprietà. A seguito di questi contrasti che mettevano seriamente a rischio i confini del regno, gli Aragonesi disposero un cambiamento al vertice della contea, concedendola ai Piccolomini.

Grazie alle elargizioni della nobile famiglia che sedeva sul trono di Napoli e alle liberalità dello zio, papa Pio II Piccolomini, Antonio Piccolomini poté dunque riorganizzare tutto l’edificio e conferire a questo l’aspetto di nobile residenza signorile. Sul portale di ingresso al maniero resta infatti ancora lo stemma del nobile casato dei Piccolomini, caratterizzato da mezzelune. In seguito, numerose famiglie si alternarono nel possesso del castello, nel 1700 il feudo passò ai Testa e poi nel 1850 a Carlo Lefebvre. Fu in seguito tenimento di Don Pedro Alvarez de Toledo, marchese di Casafuerte e della famiglia Fiastri Zanelli.

La pianta del castello è pressoché pentagonale, rafforzata agli angoli da torri circolari.

Il cortile centrale prevede la costruzione di un pozzo per l’approvvigionamento di acqua. L’interno è molto suggestivo e dotato di bellissimi saloni. Di grande rilevanza la sala della armi, ma anche il salone dei ricevimenti, al cui centro campeggia un ampio camino del 400.

Balsorano è un ridente paese che oggi conta poco più di 3000 abitanti. L’ingresso al borgo è segnato dalla fontana di San Martino che risale al XVII secolo. Il paese è stato ricostruito a seguito del tremendo terremoto del 13 gennaio 1915 che causò migliaia di morti, distruggendo anche la non lontana Avezzano. Il paese si ricorda anche per essere stata sede di coltivazione del baco da seta, una produzione davvero raffinata che ha reso note queste zone. A fine 700 Sir Richard Colt Hoare, un nobile archeologo inglese, a seguito di una terribile tragedia familiare raggiunse l’Abruzzo e scrisse pagine bellissime su Balsorano, suggellando il suo passaggio anche con disegni.

Marianna D'Ovidio

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