Tentato omicidio della moglie, parla l'architetto Scoccia: «Lesioni superficiali, sono innocente. Giudicato da donne»

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna a dieci anni

Tentato omicidio della moglie, parla l'architetto Scoccia: «Lesioni superficiali, sono innocente»
di Manlio Biancone
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Domenica 12 Maggio 2024, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 09:51

«Sono sereno e posso ricordare quei brutti momenti che hanno cambiato la mia vita e mi hanno impedito di continuare la mia professione di architetto, che mi appassionava». Sono le parole del professionista avezzanese, Carlo Scoccia, oggi 76 anni, che l’altro giorno, si è visto annullare dai giudici della Cassazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, la sentenza di condanna a 10 anni di reclusione per tentato omicidio nei confronti della ex moglie, emessadal Collegio del tribunale di Avezzano e confermata dalla Corte d’Appello dell’Aquila.

«La ricostruzione dell’accusa è stata smentita dalla Suprema Corte - continua l’archietto che oggi vive con una pensione sociale - Io non ho mai accoltellato nessuno, la mia ex moglie non è mai stata agonizzante, e questo è dimostrato ampiamente dagli atti processuali esaminati dalla Cassazione. Per quanto mi riguarda ero in preda a stato confusionale e, in questa condizione, sono andato a costituirmi presso la caserma dei carabinieri di Avezzano. La ferita aveva interessato solamente la cute, l'immediato sottocute, la parte superficiale della cartilagine tiroidea; quindi, questa era stata molto superficiale. Lo stesso perito aveva riferito al dibattimento che, ove fosse stato inferto il colpo con una violenza maggiore, questo sarebbe stato capace di provocare la morte della donna. E la Cassazione evidenzia che questo aspetto non è stato assolutamente esaminato dalla Corte territoriale, che ha trascurato anche la morfologia della ferita dorsale.

Si tratta di una ferita che sarebbe stata riscontrata soltanto casualmente, di profondità di circa 2 cm».

«L'altro aspetto, fondamentale - continua Scoccia - è che la corte di Cassazione ha censurato il comportamento dei giudici di primo e secondo grado per non aver tenuto correttamente conto della documentazione descritta e, in particolare, di essersi affidati alla propria “scienza personale” per escludere la mia capacità di intendere e volere al momento del fatto. Detti giudici, tutte donne, non si sono mai preoccupate di chiedere il supporto scientifico di idonei consulenti per suffragare il proprio giudizio. La sentenza, infatti, a detta della Cassazione ha «sovrapposto e sostituito la propria valutazione a quella tecnico-scientifica, rivelandosi intrinsecamente viziata e la relativa valutazione giudiziale si risolve in un'affermazione tale da integrare il vizio di manifesta illogicità della motivazione della sentenza». Però bisogna ricordare che anche in Cassasione, prima sezione penale, il relatore della sentenza è una donna, Barbara Calaselice, presidente Giacomo Rocchi.

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