«Ero stato lì con la mia famiglia fino al 9 gennaio, conoscevo molte delle vittime, compreso il proprietario Roberto con cui eravamo amici da oltre 40 anni e Rigopiano è stato il luogo in cui ho iniziato a sciare. Quando sono arrivato, ho trovato un hotel di quattro piani compresso in quattro metri di macerie, è stata una scena surreale e oggi mi ha fatto uno strano effetto tornare, dopo 5 anni». È il ricordo di Daniele Perilli, presidente del Soccorso alpino e speleologico abruzzese, che in quella notte di 5 anni fa, fu tra i primi ad arrivare a Rigopiano e ieri ha partecipato con il vicepresidente vicario Alfonso Ardizzi e il delegato Paolo Di Quinzio, alla cerimonia di commemorazione.
«È stata un’esperienza terribile, che - sottolinea Perilli - ha segnato tutti noi soccorritori. Ritrovare però alcuni ospiti dell’hotel ancora vivi è stato emozionante per chi come noi ha partecipato alle ricerche fin dalle prime ore. Ricordo ancora quando abbiamo trovato i bambini vivi nella stanza interna, la cui parete è ancora visibile oggi. Noi del Soccorso alpino e speleologico siamo e saremo sempre vicini alle famiglie delle 29 persone rimaste uccise dalla valanga, a cui il 24 gennaio di 5 anni fa si sono aggiunti altri 3 dei nostri soccorritori morti nello schianto dell’elicottero a Campo Felice e il 24 gennaio di un anno fa i 4 ragazzi uccisi dalla valanga sul Velino». Perilli ricorda che Walter Bucci, medico del 118 e volontario del Soccorso alpino, il tecnico Davide De Carolis e il verricellista Mario Matrella erano la sera prima a Rigopiano a scavare sotto una coltre di neve e macerie. Neve che copriva i cartelli stradali, che ingoiava perfino i cani dei soccorritori, impossibilitati a muoversi senza gli sci da alpinismo. Herkules, un pastore tedesco nero, che all’epoca aveva 6 anni e mezzo, è stato il primo cane da valanga ad arrivare, come ricorda il suo conduttore Diego Antonucci, volontario del Soccorso alpino e membro dell’unità cinofila, anche lui a Rigopiano, per ricordare le vittime.
«Quando quella notte - racconta Antonucci - siamo arrivati, non sapevamo nulla della valanga, non ci aspettavamo un simile scenario, c’era una coltre di neve che copriva le macerie ed Herkules faceva fatica a camminare, perché sprofondava. Lo strato di neve rendeva difficilissime le operazioni di ricerca.