Tangenti per i certificati di invalidità, due anni e otto mesi al medico Vincenzo Berghella

Tangenti per i certificati di invalidità, due anni e otto mesi al medico Vincenzo Berghella
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Mercoledì 19 Settembre 2018, 09:36
Ha patteggiato una pena di due anni e otto mesi di reclusione, in tribunale a Pescara, il medico ed ex consigliere comunale di Forza Italia, Vincenzo Berghella, finito davanti al gup Elio Bongrazio perché accusato di essersi fatto consegnare, da almeno una decina di suoi pazienti, somme di denaro in cambio di sue relazioni compiacenti per richieste di pensione d'invalidità e, in un caso specifico, per un arruolamento nella Marina Militare. Condannati, con pene che vanno dai 4 ai 6 mesi, anche cinque pazienti del medico, per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio. Assolto un sesto paziente.

Il pm Anna Rita Mantini ha contestato a Berghella i reati di corruzione, millantato credito, induzione indebita a dare o promettere utilità e circonvenzione d'incapace. La Procura ha
ricostruito tutta la vicenda attraverso oltre una dozzina di episodi riconducibili alle varie ipotesi di reato, caratterizzati dalla consegna o promessa di mazzette, per diverse migliaia di euro, in cambio dell'impegno ad agevolare l'iter per l'ottenimento delle pensioni d'invalidità civile e di
altre misure di sostegno alle disabilità. Un impegno assunto dal medico «millantando credito nei confronti dei pubblici ufficiali - ha sostenuto l'accusa - componenti delle commissioni mediche
competenti alle valutazioni».

In un caso Berghella si sarebbe fatto consegnare anche una tangente da circa 30 mila euro, da una sua paziente, in cambio di un suo intervento per consentire al figlio della donna di superare il concorso della Marina Militare. Il medico è finito sotto accusa anche per circonvenzione di incapace poiché, «abusando dello stato di invalidità totale di una paziente, affetta da depressione maggiore ricorrente in trattamento farmacologico con disturbo schizoide di personalità - hanno ricostruito i magistrati - la induceva a corrispondergli somme di danaro per un ammontare complessivo almeno pari a 70 mila euro».

 
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