Il libro brucia: per dominare (e cucinare)
L'intento è spingere il pubblico a leggere proprio quei titoli che, per una ragione o per l'altra, sono finiti all'indice. «È una storia - scrivono gli autori - che va avanti più o meno da tremilacinquecento anni», da quando è nata la scrittura. «I libri sono lo strumento più rivoluzionario che gli esseri umani abbiano inventato»; per questo «sono stati sempre proibiti», dalla politica, dalla Chiesa, dalla morale.
La censura è la madre della metafora, scriveva Borges; ma è anche l'arma preferita di tutte le dittature. «Il controllo è un aspetto della storia della cultura fondamentale», dice Mario Infelise, professore a Ca' Foscari e autore di molti saggi sull'argomento, come I padroni dei libri: Il controllo sulla stampa nella prima età moderna (Laterza). «Io preferisco parlare di controllo, perché non esiste solo il rogo; ci sono forme più sottili e anche più efficaci».
«Fino alla fine del Settecento - spiega Infelise - in tutti gli Stati europei per poter pubblicare un libro bisognava chiedere l'autorizzazione; e quindi c'era un sistema burocratico, ecclesiastico e civile, che si occupava proprio di questo. Però ci sono molti modi di intervenire: con i censori si discute, si traffica, si arriva a compromessi, abbastanza sistematicamente. La questione dei roghi spesso abbaglia e impedisce di vedere questi meccanismi più insidiosi».
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Oggi, paradossalmente, siamo in una situazione simile a quella di molti secoli fa. «Avvertiamo il problema perché le nuove forme di comunicazione - dice Infelise - l'hanno in qualche modo introiettato». È un po' come è successo al tempo dell'invenzione della stampa: «I primi settant'anni dopo Gutenberg sono stati completamente liberi. Poi questo stato di cose ha prodotto la riforma protestante, ed ha cominciato a delinearsi un sistema di controllo». Noi, oggi, «viviamo una fase abbastanza simile: i primi anni di Internet sono stati anni di assoluta libertà. Negli ultimi tempi, invece, molti cominciano ad avvertirne i rischi, i pericoli - la violenza, il dark web - tanto che persino da parte liberale c'è chi chiede un controllo della Rete».
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«Oggi - dice il sociologo esperto di media Derrick de Kerckhove - viviamo in un'era di post-verità permanente. Credo sia inaccettabile permettere che Facebook possa pubblicare notizie false. La gente ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, la censura delle idee è un'altra cosa. Il social network invece è un'azienda privata, ma che di fatto svolge un servizio pubblico».
Anche la storica e scrittrice Barbara Frale, in servizio presso l'Archivio Apostolico Vaticano, sostiene la necessità di norme stringenti: «Vedo quello che guardano i miei bambini su YouTube e dico che ci vorrebbe la censura, perché i contenuti sono aberranti». «L'arte nel Medioevo era soggetta a un controllo - prosegue - un decreto di Gregorio Magno invita, poiché il popolo tende a fare ciò che viene rappresentato, a creare bei mosaici edificanti. L'intrattenimento deve elevare le persone, mentre oggi tutto ciò che è brutto, squallido, cinico, diventa spettacolo. Come la violenza e gli stupri ne "Il trono di Spade"».
Non si deve certo tornare al Sant'Uffizio, che imponeva pene pesantissime. «Stiamo apprendendo strada facendo - dice Infelise - l'effetto delle nuove tecnologie sulla società». Ma bisogna sempre agire con accortezza; perché «anche le democrazie liberali vacillano».
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