Anna Guaita
Quest'America
di Anna Guaita

NY: davanti a 1500 morti da overdose all'anno, DeBlasio propone le "stanze del buco"

di Anna Guaita
4 Minuti di Lettura
Martedì 24 Luglio 2018, 22:47 - Ultimo aggiornamento: 22:52

NEW YORK – Più di 60 mila americani muoiono ogni anno per overdose. La scienza, la politica, la legge, si sono finalmente rese conto che la carneficina va crescendo di anno in anno, e stanno cercando soluzioni. Si muore per overdose di eroina, ma anche – e soprattutto – per overdose di oppiacei e oppioidi, antidolorifici particolarmente potenti ed efficaci, comunemente utilizzati nella pratica clinica. Si calcola che due terzi delle morti da overdose siano causati da questi super-analgesici, e solo un terzo dall’eroina.

A New York il fenomeno è raccapricciante. Negli anni Ottanta noi giornalisti scrivevamo delle morti da armi da fuoco, e paragonavamo New York alla Beirut della guerra civile. Ebbene ora le morti da omicidio sono scese sotto le 300 unità all’anno, mentre le morti da overdose superano i 1500 casi. Per avere un’idea delle dimensioni del problema, si pensi che in tutta Italia, secondo il sito GeOverdose.it i decessi nell’ultimo anno sono stati 251.

Il problema non è solo newyorchese: si muore da overdose da oppiacei e oppioidi nelle campagne e nelle grandi città, fra ricchi e fra poveri, bianchi e neri. E’ una piaga bipartisan, trasversale, multirazziale. Le cause sono complesse, ma buona parte della colpa si deve ascrivere alle case farmaceutiche che hanno spinto questi farmaci senza informare bene i medici dei loro effetti secondari, prima di tutto proprio il rischio di dipendenza.

La strada verso una soluzione umana, efficace e definitiva mi sembra lunga e molto lontana dall’essere identificata. Intanto però alcune città vorrebbero creare dei luoghi protetti in cui i dipendenti da oppiacei e oppioidi possano andare ad assumere la dose di cui hanno bisogno, ma sotto l’occhio vigile di infermieri, e in una condizione sterile e controllata. Si chiamano Sis, “Supervised injection sites”. Ma ancora non sono legali. Il sindaco di New York ha chiesto il permesso di aprirne quattro, e simili richieste vengono dai sindaci di Filadelfia, San Francisco, Boston, Seattle, Denver.

Le “stanze presidiate”, spesso soprannominate "stanze del buco",  esistono già a Vancouver, in Canada, oltre che in Australia e in Olanda, Germania, Svizzera. In esse non si offrono droghe, e anzi la polizia controlla che non ci sia spaccio nelle loro vicinanze. Le Sis offrono a chi già sia tossicodipendente, e già sia in possesso della propria dose, di farne uso in modo sicuro e igienico. E quindi lo si protegge dalla possibilità di contrarre il virus dell’Hiv, e lo si protegge nel caso di overdose.

Le resistenze contro queste “stanze protette” sono molte e alcune sono comprensibili. Tuttavia mi sembra giusto schierarsi con il sindaco De Blasio, qui a New York, perché 1500 morti da overdose sono una terribile tragedia, e se si possono salvare un po’ di vite, bisogna avere il coraggio di fare passi impopolari. Peraltro De Blasio propone di aprire un progetto pilota per un solo anno, e semmai rinnovarlo.

Non posso non ricordare quando Emma Bonino e MarcoTaradash nel novembre del 1990 vennero a New York a distribuire siringhe sterili, per cercare di aprire un dibattito sul contagio dell’Hiv fra i tossicodipendenti da eroina. I due radicali volevano scuotere i newyorchesi, ma dopo l’arresto vennero subito prosciolti. Ci riprovarono dopo qualche mese, furono di nuovo arrestati e di nuovo prosciolti. Le autorità cittadine non volevano un processo perché non volevano discutere pubblicamente del programma di distribuzione di siringhe sterili che i due attivisti italiani raccomandavano per ridurre la diffusione del virus.

Eppure oggi i syringe exchange programs (SEPs) sono comuni e diffusi ovunque negli Usa. Nel 1990, il 70 per cento del contagio dell’Hiv avveniva attraverso le siringhe condivise, oggi la percentuale è scesa al 10 per cento, e proprio i programmi Sep – gli stessi che Bonino e Taradash proponevano ai newyorchesi - ne sono in buona parte responsabili.

 E’ impossibile prevedere se le Sis possano garantire simili risultati, ma bisogna provare e vedere.  Pochi mesi fa, ho scritto questo pezzo sul sito del nostro giornale, per raccontare di un altro esperimento.  Sono solo passi, proposte, idee. Ma più se ne parla, meglio è: l’unica cosa che davvero bisogna evitare è il silenzio. I giudici che prosciolsero Bonino e Taradash fecero un errore. Se il processo si fosse tenuto, il rumore che avrebbe causato avrebbe generato un dibattito, avrebbe spinto la gente a riflettere, e magari il programma di distribuzione delle siringhe sarebbe cominciato almeno due anni prima di quando poi ha preso piede. Chissà, magari si sarebbero salvate tante vite.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA