Anna Guaita
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di Anna Guaita

Dizionarietto elettorale: Perché si dice «270 to win»

Dizionarietto elettorale: Perché si dice «270 to win»
di Anna Guaita
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Martedì 22 Settembre 2020, 23:41
 
NEW YORK - In questa seconda puntata del dizionarietto, spieghiamo come si elegge il presidente.
 
Negli Stati Uniti il presidente è sia capo di Stato che capo di governo. Ma non si vota direttamente per lui. Si usa il sistema del “Collegio Elettorale”, composto da “Grandi Elettori”.
 
Ognuno dei 50 Stati ha un certo numero di "Grandi Elettori", pari al numero dei senatori più il numero dei deputati che manda al Congresso federale. Per esempio la California ha 2 senatori e 53 deputati, e quindi ha 55 voti elettorali e 55 Grandi Elettori. Il Vermont ha 2 senatori e 1 deputato, quindi ha 3 voti elettorali e 3 Grandi Elettori. Il candidato che vince in California si aggiudica i 55 voti elettorali dei 55 Grandi Elettori, quello che vince nel Vermont prende i 3 voti elettorali dei 3 Grandi Elettori.
 
Tutti gli Stati mandano a Washington solo due senatori ma un numero di deputati variabile sulla base della popolazione. Ci sono 50 Stati e quindi un totale di 100 senatori, mentre i deputati sono 435. Al totale di 535 voti elettorali, dal 1961 vengono aggiunti altri 3 voti per il Distretto di Colombia, la città di Washington. Quindi alla fine dei conti i voti elettorali per le presidenziali sono 538. Fra i due candidati vince quelli che ha la metà più uno, 270 voti. Ecco perché si dice “270 to win”.
 
Le elezioni presidenziali sono, come si vede, un insieme di 50 elezioni statali. E questo è il motivo per cui non sempre il candidato che si aggiudica il maggior numero di voti elettorali è colui che ha riscosso il maggior numero di voti popolari al livello nazionale. Il caso più clamoroso è stata proprio l’elezione di Donald Trump nel 2016. L’imprenditore newyorchese ha conquistato 304 voti elettorali contro i 227 di Hillary Clinton, nonostante questa avesse ottenuto quasi 3 milioni di voti più di lui. Anche nel 2000 il candidato democratico Al Gore perse ai voti elettorali contro George Bush, nonostante avesse ricevuto più voti popolari.
 
Il giorno 3 novembre tutto il Paese vota. Si vota sempre il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre. Non è una giornata di vacanza, ma molte aziende più illuminate concedono mezza giornata libera per andare ai seggi. Si vota anche per corrispondenza (vedi blog precedente).
 
Una volta finita la conta dei voti nei singoli Stati, viene dichiarato il nome del vincitore. Ma la vittoria deve essere ratificata dalle riunioni dell’Electoral College, le assemblee di tutti i Grandi Elettori, Stato per Stato, fissate per “il lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre”, che quest’anno cade il 14 dicembre. In quella data gli Elettori voteranno per il candidato scelto dai cittadini dal loro Stato. E la presidenza sarà formalmente aggiudicata. A gennaio, quando si insedia il nuovo Congresso, la vittoria viene ratificata dalle Camere in seduta riunita. E il 20 gennaio il presidente si insedia.
 
 
 
 
 
 
 
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