A Vienna una lampadina si accende con l’energia prodotta dai rifiuti che provengono dall’Italia. Risultato: l’austriaco risparmia sul costo della bolletta, l’italiano invece no. Paga di più gase e luce e, contestualmente, fa ricchi i vicini oltre confine che per utilizzare l’immondizia “made in Italy” si fanno anche ben remunerare. Stando all’ultimo rapporto sui rifiuti dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale del ministero dell’Ambiente, datato 2021, i rifiuti urbani che l’Italia spedisce all’estero sono in aumento: del 13% nel 2020, secondo l’Ispra, anno in cui è stata superata la soglia delle 581mila tonnellate di rifiuti trasportati fuori confine. Se ne vanno soprattutto in Austria, ma anche in Germania, Spagna e Ungheria. Quanto ci costa? Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, stima che in futuro con l’energia prodotta dai rifiuti si potranno tagliare del 5% le importazioni di gas dall’estero.
IL RECORD
Le Regioni che nel 2020 hanno esportato il maggior quantitativo di rifiuti all’estero sono la Campania, con 252mila tonnellate, il Lazio, a quota 54mila tonnellate, e il Veneto (52mila tonnellate). Seguono Friuli Venezia Giulia, con 46mila tonnellate esportate all’estero nel 2020, Lombardia (38mila) e Abruzzo (35mila). Oggi in Italia sono in funzione 37 termovalorizzatori. Tra energia elettrica e termica producono nel complesso circa 6,7 milioni di MWh ogni anno, una quantità pari al 2,2% del fabbisogno nazionale. Ancora troppo poco. Come mai? Nella gestione dei rifiuti si dà la precedenza a riduzione, riuso e riciclo. Tuttavia, alla luce degli impatti ambientali, il recupero di energia rimane una soluzione migliore rispetto allo smaltimento in discarica. E nel resto dell’Europa se ne sono accorti già da un pezzo. I dati Ispra dicono che il valore pro capite relativo ai rifiuti urbani avviati a recupero energetico nei Paesi Ue è stato pari in media nel 2019 a 131 chilogrammi per abitante per anno. Si va dai 401 chilogrammi per abitante della Danimarca ai 6 chilogrammi per abitante di Cipro.
L’Italia, con 96 chilogrammi per abitante per anno, si piazza decisamente al di sotto della media europea.
Aumentando l’energia prodotta dai rifiuti, stando ai calcoli di Utilitalia è possibile tagliare dunque del 5% le importazioni di gas dall’estero e garantire un risparmio di spesa importante. «Con la copertura del deficit impiantistico al 2035, stimato da Utilitalia per 3,2 milioni di tonnellate per il trattamento dell’organico e 2,7 milioni di tonnellate per il recupero energetico, il contributo aggiuntivo del biometano dal trattamento della frazione organica da rifiuti e dell’energia elettrica rinnovabile degli inceneritori potrebbero soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230.000 e 460.000 famiglie», afferma la federazione.
LE OPPORTUNITÀ
L’Ispra ha rilevato che nel 2020 il 44,2% del totale dei rifiuti prodotti, corrispondente a 3,7 milioni di tonnellate, è stato smaltito in discarica. Agli impianti di incenerimento con recupero di energia sono stati avviati invece circa 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti, il 26,7% del totale prodotto, costituiti principalmente da frazione secca (1,1 milioni di tonnellate), da combustibile solido secondario (quasi 865 mila tonnellate) e da frazione organica non compostata (circa 136 mila tonnellate). Nel primo anno di pandemia i quantitativi di rifiuti avviati a incenerimento con recupero di energia sono calati del 2,9% rispetto al 2019.