Mario Ajello
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Beppe Grillo, quell’insulto ai romani che nasconde una sconfitta

Beppe Grillo, quell insulto ai romani che nasconde una sconfitta
di Mario Ajello
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Lunedì 13 Luglio 2020, 01:03 - Ultimo aggiornamento: 06:38

Beppe Grillo non sa che cosa è Roma. L’ha sempre insultata o considerata merce di scambio per trame politiche e politicanti. Ha riso sulle sue disgrazie, come quella delle buche. Ogni volta che è atterrato quaggiù, lo ha fatto con quella smorfia di disgusto che si sarebbe potuto risparmiare. 

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E senza capire che quaggiù, purtroppo sbagliando, non è mai stato preso sul serio. Grillo non ama Roma perché è troppo più grande di lui. Crede di poterla trattare con uno sghignazzo, ma suvvia: questo è il luogo in cui la satira è stata inventata e meriterebbe come minimo che qualcuno sappia satireggiare al livello in cui la grande letteratura ci ha abituato. E non degradandosi - dai, Beppe, sai fare di meglio! O magari potevi puntare su Belli o su Trilussa o su Pascarella che i difetti di Roma li sapevano conoscere e rappresentare - a ripetitore di un sonetto pseudo-pop già circolante sul web per rivolgerlo in favore, o contro?, la Raggi: “A Virgi’ pijia ‘na valigia, tu fijio, tu marito, famme un fischio, che se n’annamo via da sta gente de fogna».

Romani gente di fogna, proprio quelli che hanno civilizzato il mondo? Quelli che hanno dato la legge e il diritto a tutti gli altri popoli? Quelli, tanto per restare all’oggi, che hanno appena perduto un grande romano, Ennio Morricone, ma ne hanno tanti altri su cui contare perché, anche se a Sant’Ilario (Genova) non lo sanno, la storia non è acqua, anzi è un pezzo di futuro? Ed è fin troppo facile, come si sta facendo in queste ore sui social, stilare la lista dei presunti romani “de fogna” che hanno reso grande questa città e il Paese che rappresenta: oltre a Morricone e (tanto per dirne uno) dopo Cicerone, Anna Magnani e Aldo Fabrizi, Marcello Mastroianni e Alberto Sordi, Enrico Fermi e Guglielmo Marconi, e via così ma l’elenco riempirebbe un intero giornale, per non dire di quelli come Pirandello che Roma ha fatto immensi.

Non ci sarebbe neanche bisogno di fare i nomi dell’orgoglio romano. E basta ritornare al punto. Non è possibile farsi così piccoli - pur sentendosi un grande leader ma restando comico - fino al punto di perdere di vista la realtà. Che è quella di una capitale in declino non certo per colpa dei romani - come se i divani lasciati accanto al cassonetto a Milano non esistano e come se “li buffi” sotto altre diciture fossero sconosciuti nelle città del nord - ma a causa di chi, e Grillo è in cima alla lista, ha tradotto la neopolitica in cattiva amministrazione. E ora pretende pure di dare lezioni di maccheronico stile. Dimenticando tra un insulto e l’altro (“Roma zoccola”, “Monnezza di persone”), che la Capitale è finita penultima nella classifica di come sono amministrati i Comuni e questo non certo per demerito di chi la abita.

Se Roma, come dice Grillo, non merita la Raggi, l’Italia non merita di avere un garante del governo nazionale che non senta profondamente l’importanza di questa capitale e calpesti quel vincolo patriottico che dovrebbe invece onorare. Una parola di biasimo, da parte di Conte e in difesa di Roma, verso un attacco così ci starebbe molto bene. Proprio perché non siamo di fronte a uno sghignazzo ma a un’offesa qualunquistica. C’è dell’astio nella satira sbagliata di Beppe forse perché Roma e i romani si sono rivelati irriducibili ad essere maltrattati da una politica che non meritano e non sopportano di dover patire questi anni di bassa cronaca non all’altezza della loro storia.
 

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