Industria e lavoro, i piani
di sostegno in Ciociaria
al palo dopo gli annunci

Industria e lavoro, i piani di sostegno in Ciociaria al palo dopo gli annunci
di Pierfederico Pernarella
3 Minuti di Lettura
Sabato 15 Settembre 2018, 17:18
Si fa presto a parlare di reindustrializzazione. Troppo presto. La lista dei piani di riconversione e rilancio si allunga anno dopo anno, ma i risultati, tra un annuncio e l’altro, stentano a vedersi.

Nei giorni scorsi, la Regione Lazio ha reso noto che è stata approvata la delibera riguardante l’istituzione di sette aree di crisi industriale non complesse per il finanziamento di progetti di riconversione e riqualificazione. Nella provincia di Frosinone sono interessati 54 Comuni: 23 nell’ area del Sorano, 31 in quella del Cassinate. In ballo, per il sostegno dei progetti imprenditoriali, ci sono 5 milioni e mezzo di euro per tutto il Lazio.
L’annuncio è stato accolto dal solito fiume di dichiarazioni entusiastiche. Solo il segretario dell’Ugl Frosinone, Enzo Valente, si è preso la briga di ricordare come in passato «troppe volte strumenti del genere sono rimasti semplicemente degli annunci». L’annotazione risponde al vero? Siamo andati a verificare.

I CONTRATTI DI SVILUPPO
La lista delle “grandi occasioni di sviluppo” rimaste al palo potrebbe partire con l’Accordo di Programma per l’ area Frosinone-Anagni-Fiuggi. Venne pensato come uno strumento per ricollocare l’esercito dei disoccupati dell’ex Vdc. Il piano, avviato tra il 2013 e il 2014, si è concluso con la firma di Contratti di Sviluppo tra Invitalia, Regione e due industrie farmaceutiche di Anagni: il primo, nell’agosto del 2015, con la Sanofi per investimenti complessivi di 47,3 milioni; l’altro, nel settembre del 2016, con la Dphar per 48,7 milioni di euro. Come è andata a finire?
I Contratti di sviluppo, con i relativi investimenti, sono finiti in un binario morto: nel caso della Dphar per problemi legati ad alcune autorizzazioni, in quello dello Sanofi perché i progetti industriali presentati a suo tempo sono nel frattempo mutati.

AREA COMPLESSA
Nel frattempo, nel 2016, l’ area Frosinone è stata riconosciuta come area di crisi industriale complessa. Questo ha consentito di avviare un altro progetto di riqualificazione e riconversione. Invitalia, in accordo con Mise e Regione, ha promosso una “call”. Cosa è una “call”? Un invito alle imprese a presentare i loro progetti al fine di sondare i fabbisogni di investimento in un determinato territorio. Un’indagine conoscitiva, non vincolante ai fini del finanziamento. La call dell’ area Frosinone si è chiusa nell’ottobre 2017 e nel gennaio scorso è stato reso noto che sono pervenute 195 manifestazioni di interesse nei settori manifatturiero per la maggior parte, ma anche commercio, ristorazione, turismo. Come è andata a finire? Una volta verificati, come è stato fatto, quali sono i fabbisogni del territorio, Invitalia dovrebbe indire un bando per l’erogazione dei fondi. È trascorso un anno, ma non si hanno notizie sull’avanzamento della procedura.
Non c’è solo la crisi industriale, ma anche l’inquinamento. Nel marzo scorso la Regione ha annunciato la stipula di un accordo con Mise e Invitalia per lo sblocco di 36 milioni che dovrebbe servire, oltre alla bonifica nell’ambito del Sin Valle del Sacco, anche alla promozione di progetti industriali ecosostenibili. Sul bando, per ora, non ci sono novità

IL FLOP DELLE POLITICHE ATTIVE
Il riconoscimento di area di crisi complessa ha consentito di prolungare l’erogazione degli ammortizzatori sociali all’ampio bacino di disoccupati creati dalla chiusura di grandi industrie, prima fra tutte l’ex Vdc. Anche in questo caso gli annunciati buoni propositi si sono persi per strada. Le cosiddette politiche attive del lavoro - ossia l’erogazione della mobilità condizionata all’avvio di tirocini per il reinserimento lavorativo per i disoccupati under 60 e i lavori socialmente utili per l’accompagnamento alla pensione per quelli over 60 - sono state un fallimento. Niente di tutto questo è stato messo in pratica

NESSUNO VUOLE L’EX VDC
E per il momento si è rivelata anche una chimera l’ipotesi di trovare qualcuno interessato ad acquistare il sito dell’ex Vdc: tutti e tre gli avvisi di vendita indetti dall’Asi sono andati puntualmente deserti, nonostante il valore del sito sia passato dai 7,5 milioni di euro agli attuali 5 milioni.
 
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