Dopo quasi ottant'anni torna a casa, insieme ad altri cinque soldati italiani, Antonio Rotondi di Boville Ernica morto in un campo di concentramento in Germania durante la II Guerra Mondiale.
Lo ha deciso il Consolato di Francoforte sul Meno, su mandato del Ministero degli Esteri e del Ministero della Difesa.
Al suo rientro in Patria, che avverrà sabato 11 novembre, sarà ricevuto a Boville con una Cerimonia d'onore alla presenza dei familiari e delle Autorità Militari, religiose e civili.
Il soldato Antonio Rotondi, appartenente al 51^ Reggimento Alpi, dato per disperso durante la seconda guerra mondiale, viene ritrovato dal nipote, l'Avvocato Tonino Rotondi già funzionario della Polizia di Stato e sua moglie Sonia Chiarlitti, insegnante, quasi 80 anni dopo la sua morte avvenuta a Dortmund in Germania il 14.05.1944 all'interno del campo di prigionia Stalag VI D.
LA RICOSTRUZIONE
E' stata ricostruita la sua storia, come quella di altri 700 soldati italiani prigionieri, grazie alle memorie contenute in un diario scritto dal Cappellano Militare Don Giuseppe Barbero che riportò le ultime volontà insieme alle loro generalità ed indirizzi. Il Diario di Don Giuseppe Barbero dal titolo "La croce tra i reticolati" risulta essere una delle testimonianze più autentiche sull'atroce destino riservato a questi eroi che non vollero mai tradire la patria rimanendo fedeli all'Italia.LA CHIAMATA
Nei primi mesi del 1942, all'età di 29 anni, è costretto a partecipare alla grande guerra. Quando parte si è da poco risposato con Elisabetta Rotondi che lascia incinta di quello che poi sarebbe diventato il suo secondo figlio Pierino, padre di Tonino, morto senza mai conoscere suo padre. A Elisabetta Antonio affida anche Vincenzo, un bambino di tre anni figlio della prima moglie Pierina Ciardi, morta subito dopo il parto. Viene catturato dalle truppe tedesche a Durazzo l'8 settembre 1943. Condotto in Germania viene internato nel campo di prigionia Stalag VI di Dortmund. Morirà dopo circa otto mesi per stenti, tubercolosi, deperimento organico ed esaurimento nervoso, come si legge dai certificati redatti in lingua tedesca e italiana acquisiti dal nipote Tonino. Due anni dopo, il 5 febbraio 1946, durante un'inchiesta avviata dagli americani, presso la stazione carabinieri di Centallo, viene interrogato il cappellano militare Giuseppe Barbero.LA TESTIMONIANZA
Il sacerdote ricorda il soldato ciociaro e racconta: «Ero presente il giorno della sua morte, gli somministrai gli ultimi conforti religiosi, e gli diedi sepoltura ecclesiastica presso il cimitero di Dortmund, nell'area in cui venivano seppelliti i soldati italiani prigionieri».
«Mio padre e mio zio sono morti con la convinzione che loro padre fosse un disperso, invece era deceduto - fa notare l'avvocato Rotondi - . Lo Stato italiano non si è mai premurato di comunicare alla famiglia la verità sulla fine di mio nonno. Ora, grazie al desiderio partito da mia moglie Sonia e da me, poi condiviso anche con mia cugina Pierina Rotondi, sono finalmente riuscito a scoprire la verità».