L'ambasciatore John Phillips: «Trump? È come sentire un campanello d'allarme»

L'ambasciatore John Phillips: «Trump? È come sentire un campanello d'allarme»
di Maria Latella
5 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Novembre 2016, 09:54
Due risvegli all'alba per l'ambasciatore americano John Phillips. Due albe dal sapore diverso. Quella dell'8 gli ha portato la conferma della vittoria di Donald Trump. Quella di ieri invece l'ha vissuta all'aeroporto, accogliendo la moglie Linda Douglass, in arrivo da New York.

John Phillips è al termine del suo mandato a Roma e questa è la prima intervista rilasciata dopo la vittoria a sorpresa di Trump. Nello studio di via Veneto, riflette sul big bang della nuova stagione americana.
Ambasciatore una sintesi efficace della sconfitta di Clinton e del trionfo di Trump l'ha offerta la scrittrice Naomi Klein. Il messaggio di Trump era: "All is hell", e' tutto un inferno. La risposta di Hillary era: "All is well" va tutto bene.
«Donald Trump è andato oltre ogni aspettativa perché ha saputo intercettare le frustrazioni di tanti americani. Obama ha governato avendo poco sostegno da parte del Congresso. Molte iniziative del presidente non si sono realizzate e in alcune aree del Paese la frustrazione è cresciuta. Tanta gente si e' sentita abbandonata. Hillary per loro rappresentava lo status quo. Trump un agente del cambiamento».

Dito puntato contro i media incapaci di intercettare quel che stava cambiando.
«Vero. Ma non dimentichiamo che questa campagna elettorale ha portato parecchi soldi nelle casse dei network. A cominciare dalla CNN. I media hanno certo delle responsabilità. Vuole un esempio? Hanno sprecato un sacco di tempo sulla questione delle mail di Hillary senza chiedersi quanto il tema fosse davvero importante. Questa è la responsabilità dei media».

La campagna elettorale ha anche dimostrato che i soldi non sono tutto. Hillary ne ha investito molti ma ha vinto Trump.
«In Usa i soldi pesano più nell'elezione di un governatore che in quella del Presidente. Qualcuno pensa che il nostro sistema elettorale vada cambiato perché, per fare un esempio, Hillary ha avuto più voti popolari di Trump».

Un presidente accolto da manifestazioni e disordini.
«Obama collaborerà con Trump nella transizione. L'amministrazione americana ha la fortuna di avere un personale in grado di difendere gli interessi americani, dal business alla sicurezza nazionale a prescindere da chi sieda alla Casa Bianca».

Bernie Sanders sarebbe stato un candidato migliore di Hillary Clinton?
«Hillary sarebbe stata un Presidente eccellente. Purtroppo era gravata da un bagaglio pesante che è stato usato contro di lei in modo anche unfair. Basta pensare ai milioni di dollari che negli anni della Casa Bianca sono stati spesi dai repubblicani per investigare sui Clinton. Sanders? Intercettava una rabbia diversa da quella di chi ha votato Trump. Sanders attaccava i banchieri, attaccava le tasse troppo favorevole ai ricchi. Penso però che Elizabeth Warren (la senatrice del Massachusetts ndr) sarebbe stata un buon candidato alla Casa Bianca».

La sfida più importante per Trump?
«Ha vinto col voto dei blue collars e di chi ha perso il lavoro. I disoccupati aumentano mentre paradossalmente aumenta la produzione. Come mai? Perché i robot fanno il lavoro che prima facevano migliaia di operai. In futuro spariranno tanti lavori. I camion, ad esempio, saranno guidati dai sensori. Sono stato nella fabbrica FCA di Melfi con Marchionne. Potevi camminare in vasti spazi senza vedere un uomo. Il lavoro è andato. It's gone. Questo è il problema per Trump. La gente si chiede dove sia finito l'American dream. Barack Obama ha introdotto una paga oraria minima, ma tanto resta da fare».

Trump ha vinto promettendo anche meno tasse.
«La proposta zero taxation e' totalmente non americana. Miliardari come Warren Buffet o Bill Gates chiedono di pagare di più. E poi la questione tasse certo non riguarda quei blue collar che non avendo piu' lavoro hanno altri problemi».

Trump vuole creare lavoro realizzando infrastrutture.
«Quali? Quelle che i repubblicani non hanno fatto fare ad Obama? I democratici comunque, a partire da Nancy Pelosi, hanno già annunciato che coopereranno con la nuova amministrazione».

E ha promesso di stracciare gli accordi per il commercio internazionale.
«Ma il commercio è prosperità. Ogni giorno nel mondo il commercio fa circolare un miliardo di dollari. Anche fra noi democratici ci sono discussioni perché i sindacati temono che le importazioni tolgano lavoro. Ma non puoi riportare indietro l'orologio. Molti elettori di Trump pensano di aver perso il lavoro per colpa della globalizzazione, ma va spiegato loro che sul lungo periodo questo non sarà vero. Non si può tornare indietro dalla global economy. Non possiamo disconnetterci».

Come cambierà la politica estera degli Stati Uniti?
«Quando entri alla Casa Bianca con te entra anche la realtà. Abbiamo analisti capaci che saranno di aiuto alla nuova amministrazione».

Ambasciatore, il suo endorsement al si per il referendum costituzionale che si terra' il 4 dicembre ha suscitato polemiche. Poi ha incontrato anche i costituzionalisti che sostengono il No. Che idea si e' fatto a questo punto?
«C'è stato un equivoco. Non intendevo dire agli italiani come votare. Ma sostenevo, e sostengo, la necessita' delle riforme. Porto spesso l'esempio della California. Era uno stato in bancarotta. Poi, con un referendum, i californiani hanno deciso di cambiare il sistema decisionale, hanno perfino deciso di alzare le tasse, e ora la California is back».

Lei è al termine del suo mandato come ambasciatore ma non lascerà l'Italia perchè in Toscana ha ristrutturato un intero borgo che è oggi un resort. Cosa farà in futuro?
«Mi piacerebbe contribuire a capire quali soluzioni si possano trovare ai problemi esaminati in quest'intervista. Cosa faremo quando nel mondo ci saranno 35 milioni di disoccupati? Ecco mi piacerebbe che Il Borgo, il resort che abbiamo in Toscana, diventasse un luogo di riflessione internazionale. Per cominciare, in questo week end ho invitato una ventina di miei colleghi ambasciatori che Obama ha nominato in Europa. Questo risultato elettorale è una wake up call, un campanello d'allarme, per tutti noi. Ci stiamo muovendo verso territori inesplorati ed e' bene capire dove stiamo andando».