Il pugno duro medicina giusta per far pagare chi sale sul bus

di Paolo Graldi
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Mercoledì 4 Gennaio 2017, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 00:11
Chissà se in quell'impeto guerresco («Faremo grandi cose nel 2017») declamato da Virginia Raggi nel salutare il nuovo anno e archiviando un disastroso 2016 era compresa la lotta agli abusivi sui mezzi pubblici. C'è da sperarlo perché il malvezzo dei portoghesi va chirurgicamente estirpato: dal 25 al 60% dei viaggiatori, a seconda delle linee e degli orari, considera facoltativo pagare il biglietto e dunque conveniente evitare la seccatura di acquistarlo. Figlia di un buonismo che ha lontane e profonde radici la questione finisce con l'incidere pesantemente sulla qualità del servizio, pessimo a giudizio di tutti.

Ora si cerca la soluzione, dopo tanti tentativi falliti, ricorrendo a ditte esterne chiamate a un bando per il controllo dei titoli di viaggio e per incassare le multe inflitte ai trasgressori. Per adesso non le paga quasi nessuno (meno del 10%) anche se sarebbe davvero facile chiudere il conticino alle poste, via banca, con il Pos. Il fatto è che non si riesce a far digerire il concetto elementare che una corsa in bus o metro è un servizio e in quanto tale va pagato. Come al bar per un caffè. Quasi ovunque, almeno, è così. In più: chi è in regola, cornuto e mazziato, subisce i danni del disservizio per colpa d'altri. Controllori viaggianti e appostati alle fermate riusciranno a compiere la missione impossibile?

Lo scenario e l'esperienza inducono ad un cupo pessimismo e tuttavia la scommessa va fatta perché, oltre al danno economico, va sanata la piaga che ci appare come un paradigma del rifiuto ad essere e vivere la comunità condividendone diritti e doveri. Quando sarà normale viaggiare e pagare il biglietto la Capitale comincerà ad essere vivibile e alla fine tutti scopriranno che il pugno duro era la medicina giusta.

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