Pasuda Reaw, una 21enne thailandese, ha utilizzato il prodotto chiamato Rejuvi, una crema proveniente dagli Usa che viene assorbita dalle cellule pigmentate e si attacca al pigmento. Si inietta sul tatuaggio indesiderato con una pistolina simile a quella usata dai tatuatori per imprimere il disegno.
Proprio come avviene quando si fa un tattoo, sull'epidermide trattata si forma una crosta che cade dopo sei o otto settimane portando via con sè il tatuaggio ormai odiato.
In un primo momento la tecnica, che si sostituisce al laser, sembrava stesse funzionando come previsto: Pasuda ha documentato tutto il processo tramite fotografie pubblicate sulla sua pagina Facebook e inizialmente si è formata una crosticina. I problemi sono cominciati qualche giorno dopo, quando la ragazza ha notato un'abbondante formazione di pus che fuorisciva dalla ferita molto più simile a un'ustione che non a un'abrasione. Una volta terminata l'infezione, il tatuaggio è effettivamente caduto via come avrebbe dovuto, ma non è finito il calvario della ragazza: la pelle è diventata molto sensibile e sanguina al minimo contatto, inoltre a distanza di mesi è ancora ben visibile la cicatrice.
Pasuda ha deciso di mostrare sui social quanto le è accaduto per mettere in guardia sugli effetti collaterali della rimozione di un tatuaggio attraverso la tecnica da lei adottata.
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