Russiagate, Trump rischia lo stato d'accusa. E Putin lo difende

Russiagate, Trump rischia lo stato d'accusa. E Putin lo difende
di Anna Guaita
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Giovedì 18 Maggio 2017, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 15:12

NEW YORK Tutti vogliono e offrono appunti. Le commissioni della Camera e del Senato che stanno indagando sul Russiagate chiedono all'Fbi di consegnare gli appunti presi dall'ex direttore del Bureau durante gli incontri con Donald Trump. Da Mosca, Vladimir Putin, con un sorriso ironico, offre invece di consegnare agli inquirenti americani le note prese dal suo ministro degli esteri durante l'incontro con Trump dello scorso mercoledì. Appunti di diverso peso e affidabilità, che però contribuirebbero a chiarire se il presidente abbia nel primo caso commesso ostruzione della giustizia e nel secondo abbia tradito informazioni top-secret.

IN TRE GIORNI
Nell'arco di soli tre giorni è avvenuto che Donald Trump ha licenziato il capo dell'Fbi, le cui indagini sul Russiagate lo avevano indignato. Il giorno dopo ha incontrato nello Studio Ovale il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e l'ambasciatore Sergei Kislyak, e in un momento di vanteria ha raccontato loro informazioni top-secret sull'Isis che l'intelligence israeliana aveva condiviso solo con gli americani. Lo stesso giorno in cui si discuteva quanto grave fosse questa indiscrezione sull'intelligence, si è saputo che Comey aveva tenuto dei formali MemCon, (memorandum of conversation) dopo gli appuntamenti nello Studio Ovale, e che in uno di questi aveva scritto che il presidente lo aveva sollecitato a interrompere l'inchiesta sull'ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, uno degli uomini dell'Amministrazione più compromessi con i russi. Comey, da bravo agente dell'Fbi, aveva non solo scritto i MemCon, ma li aveva anche mostrati ai suoi colleghi, come vuole la prassi. Nel memorandum si chiariva che prima di parlargli, Trump aveva chiesto a tutti i presenti nello Studio di uscire e chiudere la porta. Il ministro della Giustizia Jeff Sessions aveva fatto resistenza, sapendo che lasciare soli il presidente e lo stesso capo dell'Fbi che stava investigando proprio sul presidente era un passo pericoloso. Trump gli ha dovuto dire due volte di uscire, e poi quando si è trovato solo con Comey gli ha fatto la richiesta, che non sembra dunque una frase lanciata là, casuale seppur inappropriata, ma un invito chiaro e diretto fatto intenzionalmente a porte chiuse e in assenza di testimoni. Sono questi particolari che aggravano le difficoltà del presidente, che spingono le Commissioni della Camera e del Senato a chiedere di visionare i MemCon di Comey e di sentire Comey stesso.

«STUDIARE I DOCUMENTI»
Sono questi fatti, inquietanti per chiunque conosca la legge e la storia americana e in particolare lo scandalo del Watergate, che spingono lo speaker della Camera Paul Ryan ad ammettere che «bisogna studiare i documenti». I democratici parlano con maggior determinazione della possibilità di sottoporre Trump a impeachment, ma i repubblicani non sono affatto d'accordo. Purtuttavia, cresce anche fra i repubblicani la consapevolezza che è necessario nominare un investigatore indipendente, come successe nel Watergate, come si è fatto per l'IranContra durante la presidenta di Ronald Reagan e lo scandalo Levinski durante quella di Bill Clinton. Certo, la credibilità di Donald Trump è al momento fortemente danneggiata. La gaffe ai danni dell'intelligence israeliana è stata rimediata con una telefonata al premier Netanyahu, e la Casa Bianca spera che il viaggio all'estero che Trump intraprenderà venerdì contribuirà a rassicurare gli alleati. Ieri Trump ha assicurato ai suoi sostenitori, accorsi a centinaia a sentire il suo discorso ai cadetti della Guardia Costiera nel Connecticut, che farà «il più grande taglio di tasse della storia».
Ma le sue parole non hanno convinto i mercati, che hanno chiuso in sofferenza, nel crescente sospetto che il presidente sia invece troppo indebolito per portare a compimento le principali promesse elettorali, cioé la riforma fiscale e il rilancio delle infrastrutture: le borse chiudono tutte in rosso dall'Asia all'Europa, dove Milano è maglia nera con -2,3%. Male anche Wall Street che fa registrare il maggior calo del 2017.

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