Ius soli, al Senato numeri a rischio: governo diviso sulla fiducia

Lorenzin e Finocchiaro (Ansa)
di Marco Conti
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Giovedì 13 Luglio 2017, 08:01
Il voto sul diritto di cittadinanza ai minori nati in Italia slitta, ma il governo tiene il punto e non molla Matteo Renzi. I centristi di Alfano al Senato fanno le barricate giudicando «una forzatura la fiducia» e sperando nel generale-estate. Infatti a favore dello slittamento gioca anche l'allungamento dei tempi sul ddl-vaccini che il Senato sta esaminando senza porre la fiducia e quindi con tempi di approvazione più lunghi di quelli previsti. Poi il calendario di palazzo Madama dovrà essere rivisto ma le priorità sono già note: in agenda c'è la leggina su Sappada (il comune del bellunese che vuole passare al Friuli), il decreto banche che va convertito prima della pausa estiva ed infine il decreto sul Mezzogiorno.

LE SCELTE
In questo modo si arriva ad agosto e alla sua pausa estiva. Con il rischio che il provvedimento finisca nel cono d'ombra di una legislatura ormai agli sgoccioli. Ieri mattina Matteo Renzi, presentando al Maxxi il suo libro, ha difeso il provvedimento, ma anche spiegato che sullo ius soli spetta «al governo decidere se come e quando mettere la fiducia. Se la metterà la voteremo, ma comunque saremo rispettosi delle scelte».

Nel rimettersi alle decisioni del governo Renzi spiega anche più in generale che «non c'è alcuna divisione tra l'azione del Pd e quella del governo. Punto. Non c'è oggi e non ci sarà per tutti i mesi da qui a fine legislatura. Sto film non funziona!». Ed invece è il film della frattura tra Renzi e Gentiloni che buona parte dell'opposizione, e non solo, gira. La sceneggiatura è la solita, con il segretario del Pd che spingerebbe su provvedimenti che potrebbero mandar sotto il governo a palazzo Madama in modo da andare al voto a novembre. Ma anche se lo ius soli è un provvedimento di natura parlamentare, Gentiloni è pronto a metterci la faccia autorizzando la fiducia a palazzo Madama.

«Siamo di fronte ad un ritorno di fiamma di Renzi per le elezioni anticipate - sostiene Fabrizio Cicchitto (Ap) - cavalcando tutte le tigri possibili e immaginabili, dallo Ius Soli al deterioramento dei rapporti con l'Europa». I centristi di Ap - contrari al provvedimento - agitano il rischio del voto anticipato che tecnicamente appare molto complicato visto che ad ottobre c'è sempre l'appuntamento della legge di Bilancio e che si dovrebbe anche tentare di metter mano alla legge elettorale. Alle resistenze dei centristi che parlano di «fissazione del Pd» per lo ius soli replica Orfini. Il presidente del Pd è il più tenace difensore della legge già passata alla Camera e oltre ad ammettere «la fissazione per i diritti» fa notare che «la legislatura è stata mandata avanti anche per approvare leggi come questa».
Difficilmente però un incidente in aula potrebbe metter fine brutalmente alla legislatura, ma certamente una crisi di governo - con un più che probabile Gentiloni-bis - non farebbe piacere agli inquilini di palazzo Chigi e del Quirinale.

TANTE ACCUSE
Risulta però sempre più evidente che al Senato la maggioranza naviga a vista e che il capogruppo del Pd Luigi Zanda è costretto ad un super lavoro per cercare di tenere i numeri. Soltanto in questi ultimi giorni sia sul varo del codice antimafia che sul ddl vaccini, il Pd ha giocato di sponda con Forza Italia persino per avere il numero legale. Al punto che la Lega, con il capogruppo Centinaio, ha accusato FI di fare «da stampella al governo» beccandosi la replica stizzita del capogruppo azzurro Romani secondo il quale FI lavora per migliorare il decreto mentre è la Lega a fare «inciuci con il M5S».

I numeri sono però sempre più sul filo e ciò è dovuto non solo alla scissione del Pd ma anche a continui movimenti nell'area di centro e in particolare da Ala verso FI. Smottamenti tali da convincere il Cavaliere - che non vuole andare a votare in autunno - a sospendere la campagna acquisti, che comunque riprenderà in autunno quando ci sarà da votare la legge di Bilancio che non può essere rinviata nè può passare, almeno per Renzi, con i voti di FI.
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