Da "Boia chi molla" a "Dux", i marchi registrati al Mise

Da "Boia chi molla" a "Dux", i marchi registrati al Mise
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Domenica 16 Luglio 2017, 15:27 - Ultimo aggiornamento: 17 Luglio, 14:36
 'Boia chi mollà, 'Dux', 'Il Duc', marchi con impresso il fascio littorio e l'aquila romana. Non sono solo simboli e scritte riprodotte su souvenir in vendita presso qualche bancarella o negozio nostalgico del regime fascista, ma sigle e loghi regolarmente depositati e registrati presso l'Ufficio brevetti e marchi del Ministero dello Sviluppo Economico. Marchi utilizzabili per commercializzare gli articoli più disparati, dall'abbigliamento ai gadget, fino addirittura ai vini.  

È soltanto di pochi giorni fa la querelle sulla proposta di legge per l'introduzione nel codice penale del reato di propaganda del regime fascista. Polemiche trascese negli insulti razzisti al promotore della legge, il deputato dem Emanuele Fiano. Lo stesso parlamentare non si sbilancia sul 'fiorirè di marchi nostalgici nel registro del Ministero dello Sviluppo. «La mia intenzione - spiega - è sanzionare la propaganda di questa idea, non il semplice possesso di un marchio».  Spulciando nel database del Mise, è possibile imbattersi in una serie di simboli legati al Ventennio, a partire dalla dicitura 'Il Duce', depositata nel 2001 da Alessandro Lunardelli per la classe di Nizza 33 (quella relativa alle bevande alcoliche) e approvata dal Mise nel 2005.

Appartengono invece a Paolo Camporesi i marchi per prodotti vinicoli 'Bagnolo - la terra del Duce' e 'La garitta del Duce', con tanto di aquila stilizzata. 'Boia chi mollà, uno dei motti più emblematici del ventennio, è stato registrato nel 2011 da Michele Tessarolo per le classi 16, 18, 25 e 28 (ovvero prodotti di cartone, cuoio, abbigliamento e giocattoli). Sempre per la classe 25 è stata approvata, nel 2011, la registrazione del marchio figurativo 'Dux', composto da una scritta sovrastante un'aquila romana (Gianfranco De Bari è il nome del titolare del logo).  Un fascio littorio, un moschetto e un'aquila che spicca il volo sopra delle fiamme è invece il marchio della Biblioteca fascista del Covo, registrato nel 2014 da Marco Piraino.

Nella ricerca spunta infine anche la scritta 'Littoria' - nome con cui fu fondata la città di Latina in epoca fascista - ufficializzata a nome di Antonio Pennacchi nel 2004.  «La mia intenzione è sanzionare propaganda di questa idea, non il semplice possesso di un marchio», dice Fiano, aggiungendo: «Il tema è la propaganda: bisogna infatti capire con quale modalità vengono utilizzati questi marchi. Con la mia legge si lascia un margine di valutazione a chi dovrà giudicare» e infatti «la domanda è: si tratta del possesso di un oggetto o di un atto di propaganda? Io non voglio costruire un reato opinione. La sola proprietà - puntualizza - non è un atto di propaganda».
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