Castel Fusano, «Gli incendi causati dal racket della prostituzione»

(Foto di Mino Ippoliti)
di Michela Allegri
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Martedì 8 Agosto 2017, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 9 Agosto, 08:22

Il racket della prostituzione, dello sfruttamento. E una formula tipica della malavita: incendi appiccati per intimorire, per costringere prostitute e transessuali a rivolgersi al gruppo di magnaccia che da tempo gestisce il giro del sesso all'interno della pineta di Castel Fusano, devastata per più di 200 ettari dalle fiamme. Nell'ordinanza con cui convalida l'arresto dell'ultimo piromane finito in manette, Claudio Marson, il gip Giuseppina Guglielmi tratteggia i contorni dell'organizzazione. Sono almeno quattro i soggetti coinvolti e hanno compiti specifici: ci sono i coordinatori, c'è il cassiere e c'è persino l'autista. Tre di loro sono finiti in manette, dopo essere stati fermati in flagranza per incendio boschivo. Sono i carabinieri della Forestale di Ostia a ricostruire lo spaccato dell'attività criminale. In un'informativa del 3 agosto scrivono che «i numerosi incendi nella pineta risultano dolosamente appiccati in prossimità di alcove di prostitute nigeriane e di transessuali».

È con l'arresto di Romano Mancini, 63 anni e un passato criminale, che scatta l'inchiesta sul racket. I militari controllano l'indagato dall'inizio di luglio, monitorano i suoi contatti. Lo ammanettano il 17 del mese, mentre appicca un rogo all'interno della baracca appena usata da una lucciola. Mancini è legato a M. F., un sessantenne che, per gli investigatori, sarebbe il dominus dell'organizzazione e che è ancora a piede libero. I due sono in contatto anche con Marson e con Ali Kalel, il trentaseienne iraniano arrestato il 26 luglio. Per l'accusa, sono tutti coinvolti in attività illecite relative alla prostituzione.

I RUOLI
Il sessantenne sarebbe il «coordinatore» del racket. Marson avrebbe il compito di trasportare le lucciole a bordo di una Fiat Uno e di realizzare le alcove. Kalel, invece, sarebbe il cassiere, che riscuote i compensi. Il 26 luglio l'iraniano esce di casa con uno zaino in spalla. Resta seduto per una ventina di minuti su una panchina in via di Villa Plinio. Ad un certo punto, arriva la Fiat Uno. Marson è alla guida, un complice sul sedile del passeggero chiama l'iraniano. «Kalel, ricevuto il segnale, si incammina verso via del Lido di Castel Porziano, direzione Litoranea», annota la Forestale. Entra in un'alcova e dopo qualche minuto si allontana. Il rifugio prende fuoco: il trentaseienne ha attivato un innesco. Viene fermato: nello zaino ha altri due ordigni. Dopo l'arresto di Kalel, «Marson prosegue nel trasporto e nella preparazione delle alcove», continuano i carabinieri, che lo filmano. Il 3 agosto, alle 20.03 entra in una baracca. Poi, sale in auto e si allontana. Dentro al rifugio c'è un innesco incendiato. Il sessantatreenne viene arrestato. Ha usato un foglio di carta: la pagina numero 8 di un volantino pubblicitario. La parte restante dell'opuscolo viene trovata nella sua auto.

L'INTERROGATORIO
Interrogato, racconta di essere entrato nella pineta per andare a riprendere una trans che conosce. «Amo la pineta, la frequento da quando sono bambino, vederla bruciare è un grande dolore», dice. Interpellato sul giro di prostituzione e sul suo ruolo di autista racconta di essere un regista: «Sto approfondendo il tema della diversità di genere, le storie delle trans sono interessanti. Ho lavorato in Rai, ma sono stato allontanato». Il gip non gli crede e convalida l'arresto disposto dalla pm Nadia Plastina. L'accusa è tentato incendio, «visto che le fiamme sono state spente», ma i fatti, per il magistrato, sono comunque «gravissimi». Il giudice specifica che Marson «ha agito ponendo a repentaglio l'incolumità collettiva e il patrimonio naturale, utilizzando l'incendio probabilmente come metodo per intimidire prostitute e transessuali o per costringerle a chiedergli aiuto per reperire nuove alcove». Il magistrato sottolinea che il gruppo ha agito in spregio delle indagini: «Le condotte sono proseguite nonostante gli arresti dei complici, a dimostrazione di una rara ostinazione».

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